“Certi amori non finiscono mai, fanno giri immensi e poi ritornano”.
Quadrifoglio is back.
Piacciano o non piaciano le modalità con cui si è conretizzato il ritorno in Formula Uno di Alfa Romeo, nessuno può negare che la casa milanese non sia un valore aggiunto alla stagione 2018.
Senza dimenticare che Marchionne e Vasseur hanno fatto intendere che la partnership con la Sauber, attualmente di natura prettamente economica, potrebbe e dovrebbe trasformarsi negli anni in una partnership anche tecnica.
Oltre a un concept della possibile livrea (che agli occhi di chi scrive appare un po’ troppo banale, ma comunque elegante) più di un mese fa sono stati annunciati i 2 piloti per la prossima stagione: Leclerc ed Ericsson.
Marchionne ha ammesso di esser deluso per non esser riuscito a portare un pilota italiano in Fomula Uno, riferendosi ovviamente ad Antonio Giovinazzi.
Un’ operazione che sicuramente a livello di marketing avrebbe incrementato il valore del ritorno della casa milanese, aumentando sensibilmente l’interesse e l’attenzione del pubblico italiano sulla stessa.
E dal punto di vista tecnico?
Come si sarebbe rivelata tale scelta ?
Riprendiamo un pezzo di un articolo di qualche tempo fa:
“Giovinazzi ha una storia di risultati un po’ particolare, non ha mai vinto campionati importanti e questo di per sé é un aspetto negativo, ma ha sempre lottato per il titolo, il che é indice di una notevole competitività.
E’arrivato secondo nel campionato britannico di Formula 3 e in quello europeo.
Nella scorsa stagione é arrivato secondo in Gp2 dietro a Gasly (che da 2 gare é diventato il pilota ufficiale della Toro Rosso) suo compagno di squadra in Prema.
In particolare, durante questa stagione ha mostrato una crescita esponenziale, con prestazioni da top driver e a fine stagione é parso avere qualcosa in più rispetto al francese della famiglia Red Bull soprattutto per quanto riguarda ritmo gara e corpo a corpo.
Giovinazzi é un animale da gara e ha regalato prestazioni strepitose come quella di gara 1 a Monza dove ha vinto partendo dall’ultima fila.”
A cui aggiungiamo alcune considerazioni più specifiche in relazione al suo approccio alle massime serie:
Per ciò che ha mostrato in Gp2 (oggi F2) l’italiano sembrerebbe dunque degno di un posto in griglia.
Ma il passaggio alla Formula 1 si é rivelato più complicato del previsto, il che ha reso la situazione offuscata e di difficile lettura.
Giovinazzi, infatti, nelle due occasioni concessegli proprio dalla Sauber (a causa di un infortunio di Wherlein nella Race of Champions) ha messo in atto due performance completamente opposte, nella prima gara, in Australia, preciso, costante, affidabile (e 12° al traguardo) nella seconda é andato due volte a muro nella stessa curva, una volta in qualifica e l’altra in gara.
Ciò ha portato molti ad affermare che non sia pronto per un posto in griglia.
L’incidente con la Haas nelle Prove Libere del Gp di Ungheria (che probabilmente è stato causato da un problema a una sospensione) non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
Tirando le somme è impossibile arrivare a una risposta definitiva, lo abbiamo visto troppe poche volte e Antonio non è riuscito a cogliere le opportunità dategli.
Analizzando però l’andamento della sua stagione in Gp2 è facile notare un miglioramento costante e quasi esponenziale dalla prima all’ultima gara.
Il che vuol dire che molto probabilmente Giovinazzi è uno di quelli che apprende sul lungo termine.
Dargli un sedile sarebbe stato dunque un rischio.
Un rischio che, però, sul lungo termine avrebbe potuto pagare, soprattutto se l’ alternativa è un pilota, Ericsson, che nel Q3 del Gp d’Australia gli è stato davanti di soli 2 decimi, nonostante avesse girato durante tutti i test invernali con la nuova auto (e Giovinazzi lo stava pure battendo salvo poi bloccare le ruote nell’ultima curva e abortire il giro).
Un pilota che in 4 anni di Formula Uno non ha mai dimostrato neanche uno spiraglio di talento.
Ma che, spinto da sponsor che hanno salvato due stagioni fa la scuderia svizzera dal fallimento, continuerà a “scaldare il sedile” della futura Alfa Romeo Sauber.
Perché si sa, “non importa se sei nero o bianco. L’unico colore che conta davvero è il verde.”
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