Venticinque anni fa uno dei più grandi piloti della storia del motorsport, Ayrton Senna, perse tragicamente la vita all’età di 34 anni. Il pilota brasiliano scomparse prematuramente il 1 maggio 1994 in conseguenza dei traumi fisici riportati in un incidente al settimo giro del GP di San Marino alla curva del Tamburello. Il pilota della Williams uscì di strada a causa di un’improvvisa rottura del piantone dello sterzo della sua FW16 e andò a sbattere contro le protezioni, con un pezzo della sospensione che superò la visiera del casco e andò a sbattere contro la sua testa, provocandogli un trauma encefalico mortale. Prima della sua scomparsa Senna riuscì a lasciare una grande impronta nella storia della Formula 1, vincendo tra titoli piloti (1988,1990 e 1991) negli anni di militanza in McLaren–Honda, sotto la guida di Ron Dennis. Il paulista ha inoltre raccolto in poco più di dieci anni di corse 41 vittorie, 80 podi e 65 pole position.
La storia di Senna in Formula 1 è legata a doppio filo a quella di Alain Prost e alla rivalità avuta col pilota francese. I due fenomeni degli anni ’80 si sono contesi il mondiale piloti per tre anni consecutivi fra il 1988 e il 1990, e nei primi due hanno militato entrambi per la McLaren, con Senna che era il nuovo arrivato mentre Prost rappresentava il pilota di fiducia fino a quel momento del team di Woking. Il 1988 vide Senna conquistare il suo primo titolo piloti, mentre l’anno successivo prevalse Prost, grazie anche all’incidente di Suzuka e alla squalifica inflitta al rivale per essere tornato in pista tagliando la chicane dopo il contatto col suo compagno di squadra. Nel 1990 Prost si trasferì alla Ferrari, e Senna ottenne la sua rivincita e si aggiudicò il secondo titolo in carriera buttando fuori il francese alla partenza proprio a Suzuka, sulla pista nella quale dodici mesi prima aveva perso il campionato. II dualismo fra i due piloti si raffreddò negli anni successivi, per spegnersi definitivamente al GP d’Australia 1993, nell’ultima gara di Prost. Da lì in poi fra Magic e Il Professore si instaurò un buon rapporto, tanto che il brasiliano confidò alcuni suoi timori su quello che stava accadendo nella stagione 1994 a pochissime persone, fra le quali il suo ex compagno di squadra.
Proprio in virtù del loro rapporto particolare, le impressioni di Prost sui giorni che portarono alla morte di Senna sono interessanti e non banali. Nel 2004, in occasione del decennale della scomparsa del campione di San Paolo, Prost rilasciò un’intervista a SportWeek nella quale ripercorse la storia fra lui e Senna. L’attuale consulente della Renault spiegò che i rapporti fra i due si appianarono ad Adelaide nel 1993: “Era il GP d’Australia. Non ci parlavamo dal fine settimana precedente, a parte qualche battuta scambiata nei box. Lui vinse e io arrivai secondo e poco prima di salire sul podio mi disse di raggiungerlo. Una cosa improvvisata e per questo più spontanea e simpatica. Per lui era tutto finito. Nell’inverno non smise di telefonarmi…”
Nel weekend di Imola che segnò la fine della vita di Senna, il pilota della Williams si rese protagonista anche di un episodio particolare durante le prove libere: commentando un suo giro in radio, salutò Prost dicendogli che gli mancava. “Ayrton lo disse commentando un giro del circuito di Imola – affermò Prost – Fu una cosa commovente. Fino ad allora si era limitato a farmi qualche confidenza telefonica. Mi diceva che non era motivato contro Schumacher o Mansell, o che pensava che la Benetton non rispettasse le regola. Diceva che non riusciva a trovare una spinta forte. Quella però era la prima volta che dichiarava pubblicamente qualcosa di così gentile nei miei confronti. Non era uno dei suoi soliti scherzi; veniva più dal profondo. La stessa settimana l’avevo sentito al telefono: non stava bene… Era un po’ afflitto: la macchina non andava bene come credeva, aveva un problema di posizione nell’abitacolo. E poi io che non c’ero più, la storia della Benetton, qualche preoccupazione personale… Mi chiedeva consigli sulla Williams. Era carino da parte sua…”
Prost poi, a precisa domanda, raccontò come visse il giorno dell’incidente: “Facevo la telecronaca in diretta su TF1. Un momento che non si può dimenticare, con tutte quelle imprecazioni a destra e sinistra. Quel fine settimana fu davvero incredibile, con gli incidenti di Barrichello e Ratzenberger e con quella frase ‘Alain, mi manchi’. La vigilia della corsa Ayrton mi aveva chiamato per parlarmi di sicurezza: era molto preoccupato in proposito. Poco prima della gara ero a pranzo con degli esponenti della Renault e qualche giornalista. Lo vidi venire verso di me, col casco sotto il braccio. Attraversò il motorhome per parlare con me… Quando rimanemmo soli mi espose alcuni dubbi. In quel momento vidi un Ayrton diverso, non più dominatore, ma al contrario preoccupato e inquieto. Mi parlò dell’impossibilità di battere la Benetton, della gara che stava per partire e dell’incidente della vigilia. Fu lui ad affrontare l’argomento. Nell’incidente vidi la testa di Senna inclinata su un lato: significava che aveva perso conoscenza, che l’incidente era molto grave. Ma c’erano due interpretazioni, a seconda del punto di vista. Chi diceva che l’impatto era stato molto violento, e chi che la macchina avesse assorbito il colpo. Il cozzo col muro fu comunque spaventoso. Capimmo subito la gravità del fatto, ma le notizie erano contraddittorie. Alla tv volevano far credere che si fosse solo rotto una spalla. Io obiettai: ‘Non diciamo niente, né in un senso e né nell’altro. E’ ridicolo. Bisogna aspettare’. L’immagine più angosciante che mi è rimasta è di qualche ora più tardi, all’aeroporto. Ero con quelli della Renault quando ci comunicarono che Ayrton era morto. Ci sedemmo in una saletta, con Louis Schweitzer, presidente della Renault, che fece il comunicato. Mi pose qualche domanda e poi salimmo a bordo. Fu una cosa grottesca, irreale. Sull’aereo fu troppo! Vedevo tutti mangiare come se niente fosse. Io ero scioccato, gli altri pensavano ai propri affari, alle loro trasmissioni televisive. Ho vissuto tutta la settimana successiva praticamente anestetizzato. Fu come un secondo stop alla mia carriera, e da quel momento non ho più pensato alla Formula 1 come prima. E’ stata un’emozione troppo forte”.
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