MIGUEL OLIVEIRA, 10 e lode – L’Austria motociclistica è stata spesso palcoscenico, nel suo recente passato, di incroci decisivi. L’incrocio fra Miguel e le due ruote, quelle importanti, risale al periodo in cui, da tredicenne iscritto alla Rookies Cup sognava, legittimamente, come ogni giovane appassionato, di vincere in MotoGP. La carriera gli ha riservato tanti secondi posti; uno di questi nel 2018 in Moto2, sempre al Red Bull Ring, contro Pecco Bagnaia, per colpa di un incrocio non andato a buon fine. Domenica si è preso la più bella delle rivincite, con altri protagonisti, ma sempre per mano di un incrocio, all’ultima curva, stavolta a tre. Abile, lesto, fortunato, intelligente, a pazientare e inscenare la parte del “terzo che gode”, sfoderando una buona dose di Sabedoria (saggezza). Su una pista Red Bull, su una KTM, casualmente griffata Red Bull. La sua, però, satellite. Quasi a voler rimarcare, ancora una volta, che il suo percorso è stato tutt’altro che agevole. A portare in alto l’onore del Portogallo; a far brillare quel Sol che è faro della terra lusitana, e che irradia gli occhi di questo 25enne che ora vuole solo continuare a vincere.
JACK MILLER, 9 – Ecco, lui con l’ultima curva un bel rapporto proprio non riesce a costruirselo, dilapidando un 2° posto settimana scorsa, e una meritata vittoria domenica. Ma viste le condizioni pessime in cui verteva, la sua gara è un elogio alla resistenza, alla tenacia, e anche a quella solidità che è sempre un po’ mancata nella sua carriera.
POL ESPARGARO, 7.5 – La realtà dei fatti è questa: manca all’appello solo Lecuona e tutti i piloti KTM, tranne Pol, avranno ottenuto una vittoria. Nel novero dei vincenti vi è anche Pedrosa, sostanzioso artefice di questa crescita esponenziale della casa austriaca. Ed Espargaro, nel frattempo, che fa? Scalpita, ruggisce, impressiona, e poi cade – fisicamente e mentalmente – sotto il peso dei suoi stessi errori, finendo sul verde: propizio per il Portogallo, nefasto per la Spagna. Lui che la RC16 l’ha vista nascere, l’ha svezzata, coccolata, istruita e ora l’abbandona, a fine 2020, come un adolescente che spicca il volo, verso il futuro, verso i primi amori, i primi successi.
JOAN MIR, 8 – Quando il toro vede rosso, si imbestialisce. Joan, sulla pista di proprietà del toro, rosso, quando ha visto rosso è diventato rosso di rabbia. Di fatto la bandiera rossa causata da Vinales gli ha tranciato la strada verso una vittoria che sembrava poter essere portata a casa con margine e superiorità. Non disporre di entrambe le gomme nuove alla ripartenza, a dispetto di molti altri, e qualche errore veniale, l’hanno catapultato giù dal podio. Ma che crescita, ragazzi!
ANDREA DOVIZIOSO, 6 – Tra le tante qualità, questo ragazzone ha anche quella di risultare l’ombra di se stesso da una settimana all’altra. Lo vedi calmo calmo fino al sabato e pensi: “Starà lavorando sul passo gara, come al solito“. Giunti alla domenica, il solito click prestazionale non si palesa, facendo piombare il Dovi in una gara anonima, spenta, che è sufficiente solo perché conferma il suo status di pilota più costante del Mondiale. Stavolta, però, senza miracoli, neanche mezzi.
ALEX RINS, 6.5 – La Suzuki cresce, Mir vola, lui plana. Doveva essere il suo anno. Potrebbe ancora esserlo.
TAKAAKI NAKAGAMI, 7 – Sì, ha rischiato per qualche giro anche di vincerla. Sorprendente, no? Poi ci ha pensato la red flag a riportare tutto alla normalità. Che piacere, però, vederlo così incisivo. Così “pilota”.
BRAD BINDER, 6 – Ne ha spazzolate così tante di staccate che la Folletto potrebbe benissimo assumerlo come testimonial. Si vede che ha tanta voglia di dimostrare e sorprendere, ma gli errori sono davvero tanti. Però, bonari.
VALENTINO ROSSI, 6.5 – Il Dottore è la testimonianza lampante del Sofrimento, ovvero della sofferenza patita da Yamaha e dai suoi piloti nel doubleheader (come dicono quelli bravi) austriaco. Una Caporetto difficile da digerire e comprendere, che va oltre le risapute carenze del motore: qua si rompe di tutto! Valentino, da buona vecchia guardia, si distingue ancora una volta per la costanza, facendo sfigurare i più giovani, arpionando, però, solo un misero 9° posto. Una debole ricompensa per tanta fatica.
IKER LECUONA, 6.5 – Sette voti più in su lo si menzionava per ambizioni di trionfo. Qua lo si esalta per aver finalmente dato una continuità di risultati. Può e deve crescere.
DANILO PETRUCCI, 5.5 – Tra chi non vede l’ora che questo 2020 finisca il più in fretta possibile, in pole position (almeno lì) v’è sicuramente Danilo. In attesa di diventare un corpo e un’anima con la stellare KTM. Sperando che vada bene.
ALEIX ESPARGARO, 6.5 – Onorevole. Se alla Camera o al Senato scegliete voi. Stoico a tenersi dietro il leader del Mondiale.
FABIO QUARTARARO, 5 – Chiarita l’assenza straordinaria di Marquez da questo campionato, resta da chiarire: 1. chi riuscirà a conquistare l’Iride; 2. cosa frulla nella testa di Quartararo. Alla ricerca spasmodica della perfezione fa da pesante contraltare un disordine nell’approccio alle fasi delicate del weekend, in particolare in gara, dove tra lunghi e problemi il francese si scioglie, perde il fondamentale Sossego (la serenità) e torna nella sua zona di comfort (semmai fosse esistita). Ma è ancora in testa al Mondiale. E Misano potrebbe essere la Terra Promessa.
JOHANN ZARCO, 8 – Johann, a differenza del suo connazionale, il Sossego pare averlo ritrovato. In primis nella propria testa, operando un reset mentale per nulla agile dopo il tremendo incidente della gara passata; e poi, non meno importante, in pista, mettendo in luce il suo talento cristallino, saltando a piè pari l’infortunio allo scafoide, prendendosi una prima fila virtuale in qualifica, rimontando al limite delle possibilità in gara. Chapeau.
FRANCO MORBIDELLI, 5 – L’orologio pare essersi fermato a quegli istanti di curva 3. Da lì in poi paura, dichiarazioni avventate, ritrattamenti, prove decenti e gara al limite dello scialbo. Boh.
ALEX MARQUEZ, 5.5 – Non è per nulla semplice assumere l’incarico di faro della squadra, ad interim, da rookie, essendo per giunta il fratello di quello lì che fa quello che vuole da 7 anni a questa parte. Ma i numeri, ahimè, sono impietosi.
CAL CRUTCHLOW, 4 – Può solo che rialzarsi.
STEFAN BRADL, 5.5 – Almeno transita davanti a Smith. Bagatelle.
BRADLEY SMITH, 5 – Non ultimo, almeno.
MICHELE PIRRO, 5 – Questo weekend nada de nada. Ma è comprensibile.
TITO RABAT, 4 – Ce ne vuole di impegno per far rimpiangere Abraham.
MAVERICK VINALES, (-∞,+∞) – La condotta del “miracolato per eccezione” del doppio appuntamento austriaco ha spaccato l’opinione pubblica. C’è chi l’ha lodato per il coraggio, la lucidità e l’istinto di essersi letteralmente lanciato dalla moto, conscio di non avere più i freni operativi, evitando che oltre alla sua M1 anche lui rischiasse conseguenze molto gravi. E c’è chi l’ha criticato, come Mir, per non aver scelto l’ultima specifica di freni offerta dalla Brembo, più performante in piste ad alto carico frenante come il Red Bull Ring. Eroe o incosciente, una cosa è sicura: su quel Solo, su quel suolo, dove alcuni hanno gioito, Vinales ha rischiato di lasciarci la vita, ritrovandola, per due volte, pochi istanti dopo. Ma ora è momento, Yamaha permettendo, di tornare a fare, solo, quello che gli interessa: vincere.
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