Dopodiché, come d’incanto, quello scroscio così brusco e intenso, è parso levare di dosso – a quei due per cui il 2020 ha avuto un’attenzione speciale nel far andare, sportivamente, tutto male – quella patina appiccicaticcia, opaca, e anche un po’ fetusa, piena zeppa di critiche, insulti, improperi e una sana dose di sfiga. Senza alcun genere di preavviso, quei due hanno propinato un fiero calcio nelle terga a tutta l’infausta schiera di detrattori pronta a trastullarsi con l’ennesimo loro fallimento. Mentre i mostri sacri affogavano, loro mostravano che, a non curarsi di loro, ma a guardarli e passarli, ci si sente bene.
Le Mans è stata generosissima nel riportarci alla luce il talento rude e genuino di Petrucci, oltre che farci apprezzare quello nascosto e dubbievole, ai più, di Marquez. E’ vero, l’equazione Danilo=bagnato generalmente è sempre verificata, ma è pur vero che il secondo termine è un’incognita per tutti. Domenica anche il primo, storicamente noto, a dir la verità, si palesava nelle vesti di incognita, considerato l’annus horribilis del ternano. Strappo alla regola (matematica) e marcia trionfale verso la vittoria, letteralmente navigando sulla sua incompatibilità congenita con la GP20, sverniciando con nonchalance chi, tra i contendenti al titolo, ci aveva sperato di più nella pioggia (poi giunto, agrodolcemente, 4°), gestendo poi la vetta senza lasciar spazio ad alcun segnale di scricchiolio. Un ceffone morale davvero soddisfacente.
E dire che Marquez l’avrebbe potuto fregare all’ultimo giro. No, non è Misano 2018 e non si tratta di Marc. Di Alex si è sempre notata la sua capacità di emergere “a gradini“, gradualmente. Per dire: ha vinto il titolo in Moto2 dopo 5 anni di permanenza. Non era scontato che arrivasse, ma tant’è. La rimonta e il conseguenziale podio di domenica, però, per giunta sul bagnato, rientrano comodamente nella categoria degli eventi “sorprendenti“. E non “eccezionali”. Sorprendenti perché nessuno poteva immaginare quanto bene egli potesse saggiare l’umido su un toro impazzito e indomabile quale si è dimostrata la Honda RC213V di quest’anno. Non eccezionali perché i progressi, in linea generale, si erano già visti a Misano, e potrebbero continuare ancora. Siamo 7 miliardi, fotte un cazzo degli altri. Abbiamo 7 sosia, ma non siamo uguali a nessuno. E perseverare nell’accostarlo al fratello, o a chicchessia, quindi fare paragoni, è un po’ da trimoni.
Onore al merito anche a Polyccio che, per una buona volta, non è diventato un corpo e un’anima con l’asfalto; che ha portato a termine la sua onesta gara sul podio ma, per l’ennesima volta, il ruolo da protagonista gli è sfuggito di un soffio. Elemento di consolazione per il prossimo anno: questa Honda, sul bagnato, va. E anche lui, bene. Qualcuno qualcuno, però, per la legge dei grandi numeri, avrebbe dovuto verificare da molto vicino quanto fosse gelido e madido l’asfalto francese. Privilegio ai senior, con Valentino apripista d’eccezione, giù dopo appena una curva e mezzo: lo squalo bianco ha tirato fuori la pinna, ma verso il basso, perdendo il posteriore e rischiando di perdere anche un piede. In diluita successione, poi, Smith, Rabat (per cui l’ultima inquadratura risale più o meno al secondo dopoguerra), Crutchlow, Morbidelli, Miller (fumoso di rabbia a causa del fumo della sua Desmosedici, che fino a quel momento era sua compagna di avventure verso un solido podio) e Rins, sprecone della prima era: chi troppo vuole, nulla strinsge.
Non manca più nessuno. Solo non si vedono i tre liocorni. Impelagati in un’ardua, e al contempo delicatissima per gli equilibri mondiali, lotta per l’ottavo posto. Quartararo sulle tele, Vinales in rimonta dopo una partenza delle sue, Mir in crisi con la temperatura delle gomme. Ordine finale: Quartararo 9°, Vinales 10°, Mir 11°. E l’8°? Se l’è preso Bradl. Con grinta, carattere, opportunismo, attitudine. E perché no, anche con una sonora e implicita sfanculata. Decidete voi a chi.
Le Mans, in sostanza, ci sussurra ad alta voce che il meteo, seppur molto spesso affabile e gentile, può rabbuiarsi in men che non si dica, avvantaggiando alcuni, mettendo nei guai altri. Un pilota, checché se ne dica, più completo è, meglio è. Quartararo, ad esempio, pur non brillando, ha limitato i danni. Ma ci sussurra anche che, molte volte, a non pensarci, ci si sente bene. Ad Aragon. Dopodiché…
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