I gesti che hanno fatto Sebastian Vettel e Lewis Hamilton questo weekend non possono e non devono passare inosservati, né sminuiti. Si, perché in barba alle normative (aggiungo io: insulse) che limitano la libertà della comunità LGBT in Ungheria (e purtroppo, non solo in Ungheria), non si può stare a guardare.
Non lo hanno fatto Hamilton e Vettel: hanno sfruttato il loro potere mediatico per una buona causa, soprattutto (ci tengo a precisare che non è una classifica di chi è stato più bravo, anche perché sarebbe alquanto sciocco fare una cosa simile) Sebastian: le scarpe arcobaleno al giovedì, il casco, la maglietta, anche durante l’inno, cosa poi penalizzata con una reprimenda perché nel “We Race As One” della Formula 1, che a questo punto non è altro che un inutile ed insignificante slogan (non lo scopriamo di certo oggi, basta vedere Hamilton al Mugello l’anno scorso), non è permesso farlo. La mascherina, sempre arcobaleno, la domenica, che la FOM ha in ogni modo (perché poi me lo devono spiegare?! Forse, avevano paura di Orbán e dei “ministri” ungheresi?) cercato di non inquadrare. E poi, le dichiarazioni nel dopo gara, praticamente a tutte le televisioni che l’hanno intervistato. Alla domanda\affermazione di Mara Sangiorgio: “Sei stato investigato per le procedure nel pre gara”, Vettel aveva già capito di cosa si stava parlando. Perché lui sapeva che per mandare un messaggio, doveva andare “oltre”, per essere d’esempio a quei ragazzi che si vergognano di essere quelli che sono, che non si riconoscono nella società attuale, che sono schiavi delle ideologie comuni, e che non si riescono a liberare da catene troppo grandi ed indistruttibili per loro.
Bene, credo che ciò che ha fatto ieri Vettel li abbia un po’ alleggeriti, li abbia dato quel coraggio di dire “io sono questo, e non me ne vergogno”, perché molto spesso parliamo di libertà, quando invece la maggior parte di noi si sente schiacciata da un qualcosa più grande di loro, che non permette di esprimersi, di confrontarsi e di vivere davvero Liberi.
Vorrei che anche gli altri piloti, ma non solo, si unissero in questa lotta, che battagliassero come un’unica squadra per sconfiggere il pregiudizio che regna sovrano. Perché “We Race As One” dovrebbe essere questo, e non una frase messa in una maglietta che non vale niente, se non hai dei valori, se non ci credi davvero. Chi non ci crede può anche non indossarla. Resta il fatto che le cose davvero sembrano, a poco a poco, cambiare, per un mondo più equo, sereno e variopinto possibile, proprio come un arcobaleno.
Grazie Seb, grazie Lewis.
Iscriviti al nostro Canale Telegram per ricevere tutti i nostri articoli sul tuo smartphone
Lascia un commento! on "Same love"