Kiitos, Kimi

È tutto vero. Kimi Raikkonen non sarà tra i piloti del Campionato Mondiale di Formula 1 nel 2022.

Grazie. Non si può che cominciare in questo modo nel salutare un pilota, un uomo, unico nel suo genere.

Kimi ha vinto (fin ora, perché non si sa mai nelle corse) ventuno Gran Premi, ha conquistato più di cento podi, milleottocento punti iridati, ha registrato per diciotto volte il giro più veloce del sabato, e per quarantasei quello della domenica, sua inconfondibile specialità. E, cosa più importante se sei un pilota, ha ottenuto un dolce, quanto incredibile per le circostanze, Campionato del Mondo di Formula 1.

Campione del Mondo. Nel 2007. Sono passati quattordici anni, ma ad oggi, come tutti sappiamo, quel titolo resta l’ultimo per un pilota della Scuderia Ferrari. In quel 21 ottobre del 2007, a San Paolo, il finlandese ha ottenuto un qualcosa che fino a poche settimane prima era inimmaginabile. Invece, è successo. E in un 21 ottobre di undici anni dopo, nel 2018, ad Austin, Kimi ha vinto la sua ultima gara con la Ferrari. C’è qualcosa di romantico in un personaggio che di tale, almeno nel suo apparire al mondo, ha davvero poco.

Ma Raikkonen non è solo questo, non sono solo i risultati ottenuti in carriera a renderlo così speciale, anzi. È un personaggio che con il suo modo di fare, da ragazzo normale un tempo, da uomo normale ora, ha suscitato una curiosità, un’ammirazione e una passione che per pochi uomini di sport si vede. ‘Kimi è Kimi’, si dice. È stato Kimi, pardon, Eskimo (questo il suo soprannome che appariva sul monitor dei tempi) sin dal primo test su una vettura di Formula 1, il 12 settembre del 2000, al circuito del Mugello, quando stupì persino il Kaiser Schumacher. È stato Kimi al debutto, il quattro marzo del 2001 a Melbourne, quando, a pochi attimi dalla partenza, stava sonnecchiando nel suo cockpit. È stato Kimi quando, dopo un ritiro nel Gran Premio di Monaco del 2006, è andato direttamente sul suo yacht senza passare per il box. È stato Kimi quando se n’è andato e poi è ritornato in F1, nel 2012, quando nel 2013, dopo il ritiro nel Gran Premio di Abu Dhabi, se n’è andato dal paddock con la sua macchina quando era c’era ancora il sole. E si potrebbero aggiungere tante, forse troppe, cose per raccontare un soggetto davvero unico nel suo genere, perché se stesso, schietto, senza apparenti maschere o filtri.

Il primo settembre del 2021 rappresenta la fine di un’epoca. Kimi Raikkonen si è ritirato. Personalmente, provo tanta malinconia, ma guardando indietro nel tempo, a tutti gli aneddoti scritti in questo articolo, ma anche al suo rapporto, più che speciale, con Vettel in Ferrari, con Antonio in Alfa Romeo, o il suo speciale legame con la famiglia, per non parlare dei risultati e delle gioie che ci ha regalato, non si può che salutare con affetto e grande senso di gratitudine quello che non è, e non sarà mai, un pilota come tutti gli altri.

E allora, se non si poteva cominciare con un grazie, non si può che terminare con un grazie.

Kiitos Kimi, oli olo (Grazie Kimi, è stato un piacere).

Immagine in evidenza: ©Dan Istitene/Getty Images

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Autore

Davide Attanasio
Ragazzo di venti anni che prova a scrivere di macchine, che girando a velocità folli per tutto il mondo fanno battere il cuore e vibrare l'anima

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