Non neghiamolo: la Formula 1 non si è mai sentita così bene dagli anni 2000. Prima di bombardarmi con domande e critiche sulla mia affermazione, mi spiego meglio: con Liberty Media al comando, il Circus della F1 è in piena salute dal punto di vista dei profitti, della competitività della griglia (Verstappen a parte) e dell’engagement generato e sfruttato non solo dal brand stesso, ma anche dalle scuderie, i partner e tutti i soggetti coinvolti nel mondiale.
Questo articolo NON lo scrivo per elencare le criticità personali riguardo ad un pilota o una scuderia o la direzione intrapresa dai vertici della F1. Oggi volevo esporre una criticità generale che a mio avviso è molto sottovalutata riguardo a quelle già citate della “spettacolarizzazione”, dello “show all’americana” o dell’ “Artificializzazione” tra DRS, limiti pista, parco chiuso, eccetera. No, volevo parlare sul “costo” che bisogna “pagare” per entrare a far parte dell’élite del motorsport.
Sul piano economico: Andretti e i nuovi team
Tutti noi fantastichiamo su una griglia che torni ad allargarsi come già successo in passato. L’ultima volta fu nel 2010 con l’arrivo di Lotus/Caterham, Virgin/Marussia e HRT e non andò particolarmente bene per loro. Tuttavia siamo in un’epoca completamente diversa per la F1 che ha trovato i suoi punti di forza nella sostenibilità economica con il Budget Cap e gli introiti sempre più al rialzo e la competitività della griglia in generale (di nuovo, Max e Red Bull a parte). Quando la FIA ha aperto il bando di applicazione per potenziali nuovi team e si sono fatti avanti nomi importanti, in primis Andretti Global (con Cadillac) ma anche la Hitech GP.
Tutti abbiamo pensato che non accoglierli dentro il circus sarebbe come sbagliare un gol a porta vuota, no? Eppure, abbiamo provato la delusione per chi, tra FOM, Liberty Media e i vari team principal, si dice contrario o, perlomeno, “cauto” sull’aggiunta di eventuali nuove squadre nel mondiale. Questo perché il giro d’affari e la base economica sono talmente consolidate che, come già citato da alcuni colleghi oltremanica, nessuno ora vuole rinunciare facilmente alla “propria fetta”.
Il che è contradditorio, considerando che, l’avere in griglia un team di fama mondiale come la Andretti porterebbe a più introiti, dagli Stati Uniti e non solo. E in precedenza si parlava di aumentare la già enorme tassa d’iscrizione che ogni team dovrebbe pagare alle scuderie presenti. Quando si dice “prendere la palla al balzo”. E se un team ricco e vincente come quello di Michael deve già sudare per i conflitti d’interesse, questo spiega perché non ci sono più i “garagisti” nello sport (gli ultimi, rappresentati dalla famiglia Williams, hanno lasciato nel 2020).
Sul piano sportivo: il De Vries con la valigia già pronta
La Red Bull ci ha abituato negli ultimi anni a cambi repentini di line-up negli ultimi anni e Nyck de Vries è stato l’ultimo pilota ad essere bocciato da Helmut Marko. La differenza con i vari Kvyat, Gasly e Albon è che, lui, purtroppo, non riuscirà a terminare la stagione. Questo mette alla luce come la ricerca disperata di risultati rischia di mettere sotto la gogna mediatica chiunque non riesca a dare quello che il team si sperava.
Vero, De Vries ha fatto poco al momento per meritarsi la conferma in AlphaTauri, ma non dimentichiamoci che stiamo parlando della peggiore monoposto in griglia al momento, relegata all’ultimo posto in classifica costruttori. E stiamo parlando di un pilota non proprio lento, che ha vinto il mondiale di Formula E e che ha dimostrato le sue abilità anche nelle gare endurance. Inoltre, era lo stesso Marko che aveva fatto “pazzie” per strapparlo dalla Mercedes dopo il sorprendente 9° posto a Monza l’anno scorso da sostituto in corsa con la Williams, facendo meglio del titolare Latifi.
Una “scommessa”, quella fatta da Marko, che aveva così occupato uno slot che doveva essere dedicato ai suoi giovani piloti quali Lawson o Iwasa, anche se allora non erano ancora pronti. Ora quel posto viene “scaldato” al momento da Daniel Ricciardo, in attesa di evoluzioni sulla situazione di Sergio Perez e in generale del mercato piloti. Non abbiamo dubbi che De Vries saprà ricostruirsi la carriera altrove, però la sua brevissima parentesi in F1 ci ricorda quanto può essere spietato questo mondo, dove tutti sono velocissimi altrove ma dove chi arriva ultimo qui viene criticato e preso di mira come fosse un brocco.
Sul piano aziendale: la chiusura dei programmi Audi Sport
Audi è una delle due case automobilistiche che si uniranno alla griglia della Formula 1 dal 2026 insieme a Ford. Tuttavia, se l’ovale blu americano ha scelto per una partnership con la divisione Red Bull Powertrains, la casa dei 4 anelli rileverà il team Sauber (Alfa Romeo) per diventare una scuderia propria. Un approccio simile a quello che BMW usò con Williams prima e la stessa Sauber poi nel decennio 2000-2009 e che portò a discreti risultati con alcune vittorie prestigiose.
Se il costruttore bavarese allora poteva permettersi di tenere aperti i suoi programmi nelle gare GT, la stessa cosa non si può dire però del marchio di Ingolstadt che sta smantellando tutto quello che aveva costruito in precedenza. Prima l’abbandono del progetto LMDh (ora passato a Lamborghini) per il ritorno nel WEC, e ora la chiusura recente dei programmi ufficiali di Audi Sport per le competizioni GT3 e TCR (rimarranno quelli clienti ma senza alcun supporto dalla casa madre). Decisioni che, tra l’altro, sono state enormemente criticizzate da piloti e non solo.
Parliamo di una casa automobilistica che s’era fatta un nome e una reputazione per le sue innumerevoli vittorie a Le Mans nel nuovo millennio e nelle corse GT più famose a Nurburgring o Spa-Francorchamps, con una line-up piloti di tutto rispetto. E non dimentichiamoci i suoi buoni risultati nel motorsport elettrico tra Formula E e il suo progetto RS Q e-tron per il Rally Dakar. Dal prossimo anno, la Audi sarà attiva solo in quest’ultima, mentre tutte le altre competizioni le avrà lasciate andare per prepararsi al grande salto in Formula 1: un salto che per ora rimane ancora al buio.
In conclusione, ovviamente Liberty Media, FOM e tutte le parti coinvolti hanno tutte le ragioni per cercare di avere il massimo profitto dal “carro” che sta viaggiando a tutta velocità tra il nuovo pubblico e le produzioni a tema quali la serie Drive to Survive e il prossimo film di Apple con protagonista Brad Pitt come pilota. Ma bisogna anche dire che la F1 rischia di diventare sempre più riservata ed esclusiva, l’esatto contrario di quanto vogliono vociferare tra dietro le quinte, contenuti video e l’avvicinamento del pubblico. Eppure ci vorrebbe veramente poco a noi appassionati: basti vedere al festival di Goodwood appena passato in cui ci passano migliaia di tifosi e fan per tornare indietro ad un tempo in cui era tutto più semplice e rumoroso e senza tutto questo business.
Prendiamo per esempio il WEC: contiene un parco piloti di tutto rispetto e un numero sempre più esponenziali di costruttori impegnati nell’endurance grazie ad un progetto (LMDh) pienamente azzeccato sul piano di sostenibilità e convergenza economica e livellamento prestazioni. Nell’ultima gara a Monza si è vista una lotta spettacolare tra Ferrari e Toyota e sprazzi con le Peugeot e le Porsche: gare con vetture diverse, ottimi piloti che se le danno ruota a ruota con poche o zero polemiche, tifosi rispettosi degli avversari e non “da stadio” e costi non esagerati, alla portata. E qui si possono vedere realtà “piccole” come Glickenhaus e Vanwall correre insieme alle grandi case automobilistiche.
Perché la F1 non può essere così? Il Budget Cap può essere utile, però crea più polemiche che altro, e i costi rimangono relativamente molto alti rispetto alle altre serie motoristiche quali WEC e IndyCar. E ciò non può piacere: non si dovrebbe escludere una cosa solo perché sei impegnato in F1, sia per i piloti che per i costruttori (la Ferrari nel WEC non è la stessa della Scuderia, ma di Coletta e del team AF Corse). E così, mentre le scuderie attuali non vogliono dividere le loro fette con potenziali nuovi team (a meno di un sostanziale aumento del tasso di iscrizione), chi esce dal circus e si mette alla prova in altri campionati si trova spesso meglio, così come i tifosi che ora stanno (finalmente) cominciando ad allargare i loro orizzonti. Beh, almeno finché la Ferrari non torni a vincere in Formula 1…
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