Nel Gran Premio del Giappone appena disputatosi ne sono successe di cotte e di crude, ma il minimo comune multiplo resta, come sempre, la vittoria di Max Verstappen. Nella pista di proprietà della Honda, l’olandese ha prima sbaragliato la concorrenza nelle qualifiche, infliggendo distacchi consistenti ai suoi rivali (specialmente nel primo settore, caratterizzato da curve veloci di lunga percorrenza), che in prima linea includevano (nell’ordine) le McLaren, le Ferrari e le Mercedes, ma anche il suo compagno Sergio Pérez. Alla domenica, invece, è stato uno di quegli assoli che abbiamo avuto già modo di vedere quest’anno, con il solo “spavento” della partenza: le due McLaren ci hanno provato, e però Max ha frenato più tardi e poi se ne è andato per la sua strada, trionfando per la tredicesima volta e garantendo alla Red Bull i punti necessari per aggiudicarsi il sesto titolo costruttori della sua giovane ma dannatamente vincente storia. Per diventare campione del mondo piloti, al figlio di Jos mancano pochissimi punti, tanto che si contano sulle dita di una mano. Dovesse vincere l’iride in Qatar, Verstappen eguaglierebbe Michael Schumacher per aver vinto un campionato con più gare di anticipo (sei).
Le McLaren han fatto bene, se non molto bene: c’era qualcuno, alla vigilia del fine settimana nipponico, che ipotizzava persino un colpo grosso delle vetture papaya, supposizioni figlie sia del risultato della Red Bull a Singapore che della complicità che ci sarebbe stata tra Suzuka e la MCL60. Complicità che c’è stata, sì, ma lo sguardo più ammaliante di Suzuka era rivolto a Verstappen e la sua RB19. La McLaren porta a casa un doppio podio per la prima volta dal Gran Premio d’Italia 2021, con la non più così remota convinzione di fare altrettanto in Qatar. Norris e Piastri (primo podio in carriera e primo nato nel ventunesimo secolo tra i primi tre in un Gran Premio) sono stati artefici di una corsa pulita, che ha garantito ventisette punti a Woking. L’Aston Martin non è poi così distante in classifica, molto dipenderà da come verranno capitalizzate le occasioni che si presenteranno da qui al termine del campionato.
Capitolo Ferrari, o meglio, capitolo “lotta per il secondo posto nella classifica dei costruttori”: prestazione convincente (considerando la stagione e le aspettative) da parte delle rosse di Maranello, quarta e sesta in qualifica, altrettanto in gara, con Charles Leclerc (quattordicesimo pilota nella storia della categoria ad aver superato la soglia del mille punti) davanti a Carlos Sainz sia nelle prove cronometrate che sulla lunga distanza. I punti recuperati sulle Mercedes sono quattro, in un fine settimana che si prospettava deficitario sotto questo punto di vista. Tuttavia, c’è rammarico per non averne recuperati otto, in quanto la macchina numero cinquantacinque aveva tutte le carte in regola per concludere in quinta posizione. La volontà di Carlos di allungare il secondo stint non ha pagato, e rientrato dietro alle Frecce d’Argento ne è riuscita a sverniciare solo una, quella di Russell, terminato settimo dopo un GP da rischiatutto. Lewis Hamilton, protagonista dell’ennesima prestazione convincente e determinata, si è tenuto la quinta posizione e ha limitato i danni in quella che doveva essere una gara favorevole. Il circuito di Lusail, composto da tratti veloci e pochissimo spazio per respirare, eccezion fatta per il rettilineo del traguardo, sarà banco di prova che potrebbe confermare i progressi della Ferrari, mentre Mercedes è chiamata a fare di più: il weekend di Suzuka è stato mediocre per strategia, gestione dei piloti e velocità della macchina.
Scendendo di posizione in posizione, all’ottavo posto c’è l’Aston Martin di Fernando Alonso, autore di un fine settimana concreto in cui le prestazioni della vettura di Silverstone sono state in linea rispetto agli scorsi appuntamenti. Il trend dell’AMR23 è in calo da ormai qualche mese, e i risultati delle ultime tre gare ne sono il manifesto (quasi) fatto e finito: Monza, Singapore, Suzuka: tre circuiti radicalmente diversi l’uno dall’altro, non si è fatto meglio di un ottavo posto, quello appena conquistato dal samurai di Oviedo nella terra degli sciogun e dei daimio, ma anche dei sakura, gli alberi di ciliegio. I tecnici del team inglese porteranno altri aggiornamenti nelle prossime tappe, con la speranza che la situazione possa migliorare anche in vista dell’anno venturo, in quella che comunque passerà alla storia come un’annata in cui c’è stato un gran bel passo in avanti, e sotto tutti i punti di vista.
Nona e decima posizione per le Alpine: all’ultima curva dell’ultimo giro nono era Gasly, decimo Ocon, sul traguardo le posizioni si erano invertite. La ragione è presto detta: un ordine di scuderia da parte della squadra francese, con sedi a Enstone (Inghilterra) e Viry-Châtillon (Francia), il quale non è stato preso bene, per usare un eufemismo, da Pierre. Riassumendo la vicenda, Gasly monta gomme migliori di Ocon e chiede alla squadra di farlo passare per tentare di sorpassare Fernando Alonso. La richiesta viene accettata e Ocon si fa da parte. Gasly, non essendo poi riuscito a sorpassare Alonso, per le “regole d’ingaggio” vigenti all’Alpine, deve restituire il “favore” di Ocon, ritornando dietro al compagno. Stupito dalla richiesta, Gasly basa la sua “difesa” sul fatto che era comunque più veloce di Esteban e che lo avrebbe sorpassato a priori, ma la squadra non vuole sentire ragioni, e Gasly rispetta l’ordine frenando a pochi metri prima del traguardo, frustrato e inconsolabile. Ocon dopo la gara dirà fondamentalmente che all’Alpine, quando ci sono state queste situazioni, ha sempre funzionato così. Il mio pensiero è che entrambi i piloti hanno delle ragioni valide, c’è stato un fraintendimento generale forse dovuto al fatto che Gasly è nuovo nella squadra e (forse) non sapeva di queste regole d’ingaggio, mentre Ocon è all’Alpine (prima Renault) dal 2020. Resta una “guerra tra poveri” in un weekend buono ma sempre lontano dalle ambizioni millantate da almeno qualche anno.
Fuori dai punti troviamo le due AlphaTauri, con un sempre convincente Lawson e uno Tsunoda che è sì veloce (lo dimostra il nono posto in qualifica), ma è come se mancasse sempre un centesimo per fare un euro. Si consolerà con il rinnovo del contratto, annunciato proprio in Giappone, Gran Premio di casa del pilota numero ventidue, mentre Lawson, che sostituisce, e da rookie, Ricciardo dal Gran Premio d’Olanda (a seguito dell’indisponibilità per infortunio dell’australiano), malgrado le ottime prestazioni (punti a Singapore) cederà il volante allo stesso Ricciardo da quando questi si sarà ripreso e per tutto il 2024. In tredicesima posizione Zhou Guanyu, anche lui fresco di rinnovo in un’Alfa Romeo (che l’anno prossimo tornerà a chiamarsi Sauber prima di diventare Audi) che malgrado gli aggiornamenti non riesce a convincere: le prestazioni in qualifica sono perennemente negative e risalire un gruppo così compattato nelle prestazioni il giorno della gara non è esercizio di semplice riuscita. Chiudono penultimo e ultimo (nell’ordine) le Haas di Nico Hülkenberg e Kevin Magnussen. Il danese è stato vittima del fine settimana da giocatore di bowling di Pérez. Checo era il tiratore, Kevin il birillo: strike e gara compromessa.
Tra i piloti ritirati troviamo le due Williams, l’Aston Martin di Lance Stroll, Sergio Pérez e Valtteri Bottas: Alexander Albon e Logan Sargeant hanno terminato anzitempo la loro domenica a seguito di danni riportati dopo collisioni. Pérez, che come detto ne ha combinate di tutti i colori, si è ritirato per la stessa causa, così come Bottas, speronato dallo stesso Sargeant nelle fasi iniziali della gara. Lance Stroll, autore di un’ottima partenza e in lotta per i punti, si è dovuto invece fermare per via del cedimento della sua ala posteriore. Appuntamento in Medio Oriente, destinazione Qatar, tra due settimane.
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