Per una volta non parleremo di tutti e venti i piloti, ma ci concentreremo sui tre caballeros, per dirlo “alla messicana maniera”, che hanno concluso il Gran Premio di Città del Messico sul meraviglioso podio che dà sulla splendida cornice del Foro Sol, uno stadio ricolmo di gente e adibito, tra le altre cose, per ospitare concerti che più pittoreschi non potrebbero essere.
C’è da dire che il pubblico avrebbe preferito vedere Checo sul podio, ma la sua gara non è stata delle più indimenticabili, o meglio è stata indimenticabile in senso negativo. Sui tre gradini ci sono finiti Max Verstappen (stranamente) e la sua RB19 (questo più bizzarro seppur usuale in Messico), Lewis Hamilton e Charles Leclerc. Se circa l’ennesimo successo di Max (che eguaglia Prost a quota cinquantuno) non c’è stata storia, la lotta per i due posti d’onore è stata più interessante. Hamilton ha disputato una corsa da vero fuoriclasse, recuperando progressivamente posizioni e mostrando un passo gara che solo Verstappen (e forse Norris) poteva non rodersi di avere.
La bandiera rossa di metà corsa ha messo le squadre di fronte a una scelta, quella di decidere quale fosse la gomma più adatta a concludere il Gran Premio una volta ripartiti: la Pirelli per questo appuntamento ha optato per la gamma di mescole più morbida a disposizione. Per alcuni la scelta è ricaduta sullo pneumatico più duro tra quelli papabili, per altri su quello “di mezzo”. Tornando a Hamilton e Leclerc, la Mercedes ha scelto la via di mezzo, mentre la Ferrari quella della hard. Secondo i dati di Maranello questa sarebbe stata la soluzione migliore a lungo termine in quanto la medium, dopo un picco prestazionale iniziale più alto, si sarebbe degradata più in fretta, favorendo nelle fasi finali chi aveva preferito la dura.
Ebbene, ciò non si è dimostrato poi in pista: Hamilton prima supera Leclerc, poi allunga senza troppi problemi e soprattutto senza perdere prestazione, facendo segnare tempi sul giro mediamente cinque\sei decimi di secondo più rapidi della SF-23 numero sedici. Addirittura, alla faccia di una gomma che sarebbe dovuta crollare, il pilota di Stevenage mette a segno la tornata più veloce della corsa all’ultimo giro, sintomo che il britannico poteva continuare ancora per molti giri. Bisognerà capire, immaginiamo.
“Still waiting for Lewis’ Mediums to drop off” scrive la Mercedes sul suo profilo Twitter, o X che dir si voglia, ma a noi piace più il primo nome. Tradotto, con quella gomma Lewis potrebbe arrivare fino in Brasile senza problemi.
Verstappen, Hamilton e Leclerc: passato, presente e futuro di questo sport. A Charles mancherebbe “solo” l’iride ma più prima che dopo, e soprattutto più prima che mai, riuscirà nell’intento, perché ci rifiutiamo di credere nel contrario. Un pilota così talentuoso, veloce sul giro secco come pochi nella settantennale storia della categoria regina del motorsport a quattro ruote, con la faccia pulita ma determinata, con gli occhi che parlano e lo sguardo di chi sa cosa potrebbe fare con una macchina all’altezza, non terminerà la carriera “a mani vuote”. Tre piloti sopraffini per talento e sagacia, che per la quinta volta condividono le prime tre posizioni al termine di una gara di Formula Uno, e che in Brasile ci riproveranno ancora una volta, per loro stessi e per dare colore a una F1 sempre più distante da se stessa, ma che grazie a questi piloti riesce tuttavia a essere maledettamente catalizzatrice di passione.
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