Tra la spiaggia e le tribune, in un lembo di asfalto che si allarga e si restringe, una McLaren ha vinto. L’ultimo a riuscirci era stato Daniel Ricciardo, storia di quasi tre anni fa, a Monza. Oscar Piastri ha sì vinto una gara ma una sprint, di certo, non può considerarsi tale. Lando Norris, piaccia o no, ha riportato la squadra britannica davanti a tutti, e con pieno, pienissimo merito: sembrava, ancora una volta, una giornata come le altre: di attesa. Ma questa volta i puntini si sono uniti, una safety car nel momento propizio, e uno stint finale condotto con un’autorità mai vista da due anni a questa parte, con Verstappen nei giochi, s’intende.
L’olandese si è dovuto accontentare della seconda posizione, e quell’escursione a metà corsa di certo non l’ha aiutato (sono stati rilevati danni), e però sin dalle qualifiche per determinare la griglia della sprint non tutto era come (quasi) sempre. Max aveva captato qualcosa che non tutti avevano origliato, ma per chi conosce la sua vettura, casa sua, come nessuno è stato semplice intendere che non sarebbe stato semplice. Certo, stava vincendo ugualmente, e avrebbe probabilmente vinto senza l’imprevisto safety, ma mentre Red Bull gli imprevisti li scansava come quando giochi a palla avvelenata, e non devi ovviamente essere colpito, a Miami il pallone l’ha preso in faccia. Intendiamoci, alla fine i condottieri sono sempre loro, ma questo inizio di campionato ci ha suggerito che una buccia di banana è sempre dietro l’angolo.
Gli aggiornamenti, gli upgrade, il pacchetto, chiamateli come preferite. La chiave di volta, come in ogni anno, dell’evoluzione di un mondiale, passa da quella che è la capacità di interpretare un progetto, di spingere forte e rischiare, per recuperare terreno. All’appello, tra le squadre di vertice, manca la Ferrari, che introdurrà un sostanzioso pacchetto di aggiornamenti per rispondere a McLaren e, insieme, tirare più banane possibili a Verstappen e compagni. Poteva portarli prima? Forse sì, forse no, ciò che conta, per Maranello e i suoi tifosi, è che saranno all’altezza delle aspettative, si possono dire tante cose, ma in fin dei conti la pista è giudice insindacabile. Intanto, i cinquanta gradi dell’asfalto nordamericano hanno probabilmente aiutato la rossa nel portare gli pneumatici nella giusta finestra sin da subito, e questo, in qualifica, si è apprezzato. Si attendono superfici più fredde per giudicare il prosieguo di un lavoro intrapreso sin dall’inizio dell’annata.
Stendendo un velo pietoso, ahimè per loro, in casa Mercedes, conclamata quanto distaccata quarta forza quando Fernando Alonso e la sua Aston Martin (in difficoltà nello sviluppo del fine settimana, ipotesi personale: non ci hanno capito granché dalla sprint alle qualifiche del sabato per il GP di domenica, quando il parco da chiuso è tornato aperto, e via libera a cambiamenti di assetto per migliorare – nel loro caso peggiorare – la macchina) non rompono le uova nel paniere, tra le scuderie di seconda fascia – senza dimenticare la splendida prestazione di Ricciardo nella sprint e il garone di Tsunoda la domenica, non smarrendo nel commento le prestazioni, in crescita, di Logan Sargeant – mi vorrei soffermare su Esteban Ocon e l’Alpine.
Primo, benedetto, punto (come dice la caption del tweet sopra) per Enstone, Viry e la squadra in pista condotta da Bruno Famin, che ha accolto un David Sanchez in diaspora da McLaren per tornare alle origini, prima da semplice aerodinamico, ora in qualità di direttore tecnico, ruolo che la squadra papaia non era disposta a concedere. La cura dimagrante, come scrivono in tanti, che ha portato – in Florida – l’ex Renault al limite di peso stabilito dai regolamenti tecnici, ha certamente aiutato, e dalla Cina – il fine settimana precedente – dopo una disastrosa Suzuka, la tensione è tornata a stemperarsi un pochino, con l’obiettivo di riprendersi quella sesta posizione nel mondiale costruttori, obiettivo minimo per una squadra di tali proporzioni.
All’inizio del campionato era stato suggerito un inizio in salita, ma così tanto non se lo aspettavano nemmeno loro (vedasi dimissioni di alcuni membri del reparto tecnico), e un pilota di particolare ha fatto sembrare tutto meno amaro di quello che effettivamente era. Esteban Ocon, questo è ormai un dato di fatto che non si ribadisce per la prima volta, ma che resta sempre un po’ sotto il tappeto, è un ottimo pilota. La battaglia con Fernando Alonso, con annesso sorpasso ai danni dell’asturiano ed ex compagno di squadra (nel 2021 e 2022), immancabilmente non proposto (e nemmeno riproposto) dalla regia, prima di subire il controsorpasso in un’altra fase di corsa, è quella che si definisce hard racing. Niente a che vedere con piloti che buttano gli avversari fuori pista, o penalità di dieci secondi, la nuova moda del momento, con annessi punti di penalità per carezze che, dalle sanzioni, sembrano veri e propri ceffoni. A volte, altre sono solo carezze. Ma questo è un altro discorso, come direbbero i britannici, if you know, you know. Imola, arriviamo (arriveremo).
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