Cool down lap | Monaco 2024

La vittoria di Leclerc e un podio giallo e rosso

Charles Leclerc ha vinto il suo gippì, finalmente. Non che Monaco fosse di qualcun altro, intendiamoci. Ma era sempre mancata la ceralacca su quella lettera d’amore. Amore verso la sua terra, perché Charles non è francese, né italiano, per quanto sia come un figlioccio per tifosi e non. Charles è monegasco, sin dalla nascita. E a Monaco ha scritto la più bella pagina della sua carriera, che ora è iniziata a farsi lunga. Non ce ne voglia Monza 2019, e poi, non siamo qui a fare classifiche. Insomma, a voi, la scelta. Ha vinto la sua sesta corsa, la seconda della Ferrari in questo 2024, la prima, per Leclerc, dall’estate del 2022. Da quella domenica a oggi, sembra quasi un altro mondo. Tante cose sono cambiate. Ed è anche per questo che l’urlo liberatorio è un urlo che raccoglie tante emozioni. Non è solo la gioia della prima a Casa. È il fardello che ha finalmente liberato le sue spalle, che non erano troppo pesanti, perché di fardelli lui ne ha portati tanti. Ma la stanchezza era iniziata a farsi sentire. A 26 anni, venti più sette in ottobre, dopo sei campionati tra gioie e frustrazioni, non si poteva attendere oltre. Il tempo ci dirà, se dopo tanto penare, ci sarà ciò che tutti sanno arriverà.

Le parole di Carlos Sainz, terzo al traguardo, risultato pesantissimo se consideriamo dove si trovava alla curva del Casino, prima della bandiera rossa, testimoniano la brillantezza di Leclerc al volante. Un tutt’uno con la sua rossa, un vortice che solo lui è riuscito a governare. Le turbine del Principato, esercizio difficile per tutti, estenuanti, dove non è solo la qualità del pilota, in senso stretto, a fare la differenza. C’è molto di più, perché puoi essere risucchiato, per poi farti trascinare verso il basso e non risalire più. Sono forze, quelle del cittadino più famoso del mondo, che bisogna saper governare. E non c’è stata storia. Sainz lo sa bene, e lo ha riconosciuto. Altro, onestamente, non avrebbe potuto fare. È nell’onesta intellettuale di tutti, riconoscerlo, che a Monaco il cocchiere è stato solo uno. E ha visto la bandiera a scacchi prima di tutti.

Prima di tutti, prima anche di Oscar Piastri. Al primo podio stagionale, al primo podio a Monaco. Meritatissimo, perché lui, adottato anche dalla nazione bianca e rossa, in particolare dal fratello maggiore Leclerc, è sempre stato sul pezzo. Sul pezzo, è un modo giusto di descrivere questo ragazzo. Che non si perde in ghirigori, ma fa il suo lavoro. Guidare. E lo fa bene. C’è una crescita nelle prestazioni di Oscar, che si sta piano piano ritagliando uno spazio dove lo spazio è difficile ritagliarselo. In qualifica ma soprattutto in gara, le cose iniziano a funzionare meglio. E non c’erano dubbi. Basta guardare gli occhi. Sta tutto lì. Norris, quarto domenica, non è esattamente il compagno più morbido con cui confrontarsi. Ma passo dopo passo, il confronto sta raggiungendo lidi inesplorati, lidi in cui un giorno va meglio Uno, e nell’altro Due. Questo, con una McLaren sempre più competitiva, può significare solo una cosa: grande spettacolo.

E se fino a ora non si è parlato di chi i mondiali, entrambi, li comanda, ci sarà pure una ragione: Verstappen, sesto, Pérez, ritirato dopo un incidente che ha coinvolto Magnussen e Hülkenberg, i due Haas, che erano partiti dal fondo per un’infrazione (ammessa candidamente) del regolamento tecnico. A Monaco già è difficile superare. Con queste monoposto, lunghe e ingombranti, nonché pesanti, diventa estremamente complesso. Specialmente se non ci sono chissà quali differenze tra una macchina e l’altra. Verstappen ha sbagliato l’ultimo tentativo della qualifica, ma gli va dato atto che, avesse fatto la pole anche a Monaco, non avremmo avuto quasi più parole per descriverlo (falso, qualcosa lo avremmo detto lo stesso). Pérez, in difficoltà ed eliminato nella prima manche, è la prova delle difficoltà di Milton Keynes. E della forza di Max. Qui lo dico e qui lo nego: non mi aspetto una Montréal semplice per Horner e compagni. Per varie ragioni: non è un circuito, quello canadese, storicamente favorevole alla Red Bull, che ha sì vinto le ultime due edizioni, con qualifiche bagnate (e pole di Verstappen) in entrambi i casi, ma con più difficoltà della media. Nel 2022, Sainz era incollato a Verstappen, e quello del 2023 è forse stato uno dei successi meno dominanti. Per quello che possono contare queste cose, non credo sia un caso. Prima del 2022, poi, la Red Bull non vinceva in Canada dal 2014 (con le due Mercedes, prima e seconda, ritirate), e comunque, il Circuito Gilles Villeneuve non è mai stata terra di chissà quali conquiste. Come si dice spesso, staremo a vedere.

La Mercedes, a Monaco, è stata più veloce del solito. Niente di trascendentale, ma le difficoltà sono state meno evidenti, su una pista che definire atipica è poco, certo, ma non vuol dire che le prestazioni e i risultati ottenuti da tutti tra le stradine e i guard rail siano da sottovalutare, se non addirittura scartare. Anzi, perché i risultati fanno classifica, nonché morale, e poi, tutte le piste sono importanti per delineare un affresco. Russell, quinto, e Hamilton, settimo con il giro più veloce (ora è il pilota con più giri veloci ottenuti per una sola squadra; superato, come è molto spesso accaduto negli anni, il binomio Schumacher-Ferrari), hanno fatto quello che si poteva fare, con ciò che sta passando in convento. Gli anni duri, quelli, ci sono per tutti. Non importa quanto forte tu possa essere, vuoi o non vuoi arriva un momento in cui ti fermi. La Mercedes ha tutte le carte in regola per ridestarsi, su questo non ci sono dubbi, così come non c’è dubbio che servirà un po’ di tempo. E, come si è spesso scritto, di chiarezza, che sul fronte piloti pare ci sia già.

Non è stata una Monaco felice, invece, per l’Aston Martin. E questo non ci sorprende, anche se i risultati delle libere, per quanto siano figli di una mappatura motore più spinta (e meno carburante), ci avevano suggerito una situazione migliore di quello che poi è stato. Zero punti, per la prima volta in questa stagione. E si pensi che Alonso ha creduto per tutta la corsa di essere decimo. Siamo alle comiche. Canada, a questo punto, diventa una gara molto importante, perché bisogna capire, ed è bene che lo facciano anche loro, se questi aggiornamenti possono portare a qualcosa di buono, o – come l’anno scorso, con un pacchetto portato proprio in Canada – si dovrà tornare indietro. E il secondo scenario, alla luce dei risultati di Imola e Monaco, è quello più probabile. Ma mai dire mai.

Altro weekend positivo per la Racing Bulls, specialmente lato ventidue, lato Yuki Tsunoda: non c’è dubbio che il giapponese sia maturato, e che lo stia continuando a fare. La velocità c’è sempre stata. A mancare era un po’ di costanza di rendimento, che non dimentichiamo, nel midfield non è cosa affatto semplice da raggiungere. Ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: decimo in classifica piloti, con diciannove punti conquistati. Noi, che si diceva ci fosse una F1 e una F1.5. E c’è ancora. Ma Yuki è decimo. Sei apparizioni nel Q3, e l’ottanta per cento dei punti conquistati. È indubbia la superiorità nei confronti di Daniel Ricciardo. Non c’è statistica, o indizio, che ci suggerisce un altro giudizio, un’altra chiave di lettura che ci fa dubitare.

Non c’è dubbio, allo stesso modo – ma questo lo si sa da tempo – che in Williams Alexander Albon abbia trovato la sua dimensione. Quest’anno mancavano i punti, che sono finalmente arrivati con un nono posto, davanti a un’Alpine, decima con Pierre Gasly, migliorata ma non a tal punto da far dormire sonni tranquilli. Considerando, anche, i dissapori tra Pierre ed Esteban Ocon. L’abbiamo visto ancora, al Portier, nel corso del primo giro. Esteban è stato penalizzato con dieci secondi di penalità, convertiti in cinque posizioni di arretramento sulla griglia di partenza del prossimo GP, quello nordamericano. Si dice che Bruno Famin non sia esattamente contento del trentuno, ed è “notizia” di ieri (28 maggio) quella di un possibile appiedamento. Fanta F1, a oggi. Tornando alla Williams, e in particolare ad Albon, sarà interessante vederlo di fianco a un nuovo compagno di squadra, perché le prestazioni di Sargeant, con tutte le attenuanti del caso, non ci fanno pensare a nulla di diverso. Sarà Bottas, oppure Sainz. Questi sono i nomi che stanno circolando. Ma le vie del mercato sono infinite. Non ci sono mai solo due nomi.

La classifica costruttori ci racconta, infine, di una Stake all’ultimo posto, con zero punti conquistati (questo più per errori che altro). E, francamente, le prestazioni non smentiscono. Monaco è stato probabilmente il fine settimana più duro. Ultima forza per distacco, un po’ come l’Alpine a Suzuka. Ci sono quelle piste in cui non riesci proprio a venirne a capo. La speranza, per loro, è che sia stato solo un brutto sogno. Nel midfield, alto o basso che sia, i valori in campo schizzano su e giù. Non ci sarebbe da sorprendersi se in Canada, tra due settimane (poco meno), potrebbe esserci un cambio di gerarchie che è nella norma delle cose, laddove non ci sono gerarchie definite. Perlomeno, i problemi con i pit stop sembrerebbero essere un lontano ricordo. Ed è già un passo avanti.

Immagine in evidenza: © @ScuderiaFerrari X profile

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Autore

Davide Attanasio
Ragazzo di venti anni che prova a scrivere di macchine, che girando a velocità folli per tutto il mondo fanno battere il cuore e vibrare l'anima

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