In un battito di ciglia, le certezze possono venire cancellate. A maggior ragione con la pioggia, specie durante un Gran Premio di Formula 1, figuriamoci se lo stesso venga disputato in quella San Paolo del Brasile che – quando le gocce d’acqua rendono bagnato l’asfalto e i cordoli, ma anche le scivolose via di fuga – subisce una trasformazione raramente apprezzata in questo sport. A dimostrazione di ciò basterebbe la sola edizione del 2012, ma ce ne sarebbero molte altre che si potrebbero aggiungere a un elenco che ha dell’incredibile. In sintesi, a Interlagos, quando piove, tutte le certezze svaniscono ancor di più, in un certo senso sono ancora meno tali. Ma, come sempre, c’è un’eccezione.
L’eccezione, si sa, costituisce quella regola scritta e non scritta, che non si vuole mai davvero accettare per quella che è, ma con la quale – alla fine della fiera – ci devi fare i conti. E in Brasile quella certezza mascherata da eccezione si chiama Max Verstappen. Lo aveva già dimostrato nel 2016, a diciannove anni, lo ha ulteriormente ribadito quest’anno, firmando una delle Gioconde (posto che sia corretto parlare di Gioconde, perché di tale ne esisterebbe solo una) più belle della sua carriera, vincendo dal diciassettesimo posto una corsa dai mille significati e garantendosi la chance del primo match point della stagione quando, dopo la qualifica del sabato, tutto sembrava andare in un’altra direzione.
Lando Norris e la McLaren, seppur con qualche patema di troppo nel corso della Sprint, erano riusciti a fare tutto alla perfezione. E però, come fosse un presagio della prestazione fallosa che avrebbe messo in scena, quella procedura di partenza mal interpretata è stato l’inizio di un Gran Premio da dimenticare. Dalla pole position, Norris non è certamente stato aiutato dalla safety car, ma c’è da dire che ci ha anche messo del suo per rendere la giornata di Verstappen ancora più gloriosa. Al di là di tutto, un sesto posto non può che dirsi deficitario, a maggior ragione se l’olandese tre volte campione del mondo ha tre gare di tempo per apparecchiare con calma la tavola del quarto iride consecutivo.
I punti di vantaggio di Max su Lando sono sessantadue, e con ottantasei ancora da assegnare servirebbe un autentico miracolo sportivo per ribaltare la situazione, e da una parte e dall’altra. Appare quindi superfluo continuare a parlare di lotta per il titolo. Una lotta che si sarebbe potuta aprire più e più volte, ma che come un uovo che non si vuole schiudere – e alla luce degli avvenimenti apprezzati da Sakhir a San Paolo – è apparsa più un miraggio di speranza che una possibilità concreta. Per i convenevoli di rito ci sarà tempo e modo, ora che il ritorno della pista è più vicino che mai ci sembra superfluo aggiungere ulteriori righe a questo articolo.
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