Un pensiero veloce prima di tuffarsi nel secondo weekend della stagione.
Si è parlato tanto, forse troppo, della debacle rossa in Australia.
Normale e non c’è nulla di sorprendente.
#EssereFerrari vuol dire anche e soprattutto questo.
È sorprendente invece il modo in cui la debacle è stata raccontata.
Saranno state le altissime aspettative create dai test catalani, ma non confondiamo il realismo col pessimismo.
Come sempre, io controsterzo, quando la curva non mi piace affatto.
3 motivi perché l’ottimismo in casa Ferrari non dovrebbe essere messo da parte:
- Tra Mercedes e Ferrari non c’è un minuto di distanza
Si ok, il tabellone di fine gara dice così.
Ma la gara va capita!
Il confronto deve essere fatto tra Vettel e Hamilton, che hanno seguito la stessa strategia (poco sensata) andando a pittare dopo neanche 20 giri.
Bottas, come Verstappen, ha seguito una strategia molto più bilanciata allungando di più il primo stint.
La differenza dunque sta in quei 30 secondi che ci sono tra Seb e Lewis. - Perso il duello con Verstappen, la Ferrari ha mollato. ” Eh ma Hamilton ha perso un pezzo del fondo”. Si avete ragione, ma c’è anche da dire che Hamilton ha dovuto spingere sul finale per tenere dietro un arrembante Verstappen. Non possiamo trarre conclusioni precise, ma se si fa caso al fatto che Vettel fino al pit stop era vicino, possiamo concludere che una volta compreso che non c’era niente da guadagnare Vettel abbia messo il motore in modalità fiat punto.
- In Ferrari non dormono.
Magari sognano, quello si.
Ma gli uomini di Binotto sanno reagire.
Le difficoltà in questi anni ci sono state e (a volte velocemente, a volte no) una reazione c’è sempre stata.
Se c’è un problema di raffreddamento della PU, risolveranno.
Anche perché questi problemi sono noti, immagino, dal primo giorno di test, ovvero più di 40 giorni fa.
Una quarantena di digiuno tra le dune del deserto.
Fare attenzione al diavolo col 44 sul casco!
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