La pole a Barcellona era stata una meravigliosa illusione.
Un appiglio per svegliare un mondiale nato già a senso unico.
Vedere Hamilton lontano sei decimi, nella terra delle tapas, sapeva di 2016.
Ma era, appunto, una semplice illusione.
Bottas non vale Rosberg ed Hamilton, nel frattempo, è anche cresciuto, raggiungendo probabilmente il massimo della sua dimensione.
29 punti, mi direte, si recuperano.
Giustissimo.
Ma i numeri non bastano, bisogna andare oltre.
Mai e poi mai avremmo visto Hamilton soffrire dietro a Ricciardo (su Renault) in una pista come quella canadese, favorevole ai sorpassi.
E perché non parlare di Monaco? Siamo sicuri che Bottas, sulle tele per più di 20 giri, sarebbe riuscito a tagliare il traguardo per primo?
Gli ultimi due weekend hanno dimostrato ciò che in tanti pensavano da inizio anno.
Bottas va apprezzato, perché sta dando tutto quello che ha, stanco di essere considerato il “maggiordomo” del suo compagno di box.
E proprio per questo faccio e farò il tifo per lui, in questa battaglia vestita d’argento.
Ma sono convinto che, purtroppo, non basterà.
Lewis, piaccia o non piaccia, è sicuramente nella top 3 della sua generazione (fermiamoci qui per evitare inutili dibattiti).
Basti pensare che l’incidente avvenuto nelle prove libere del venerdì è stato il primo errore di Lewis dopo 16 gran premi (in Germania si ritirò dalle qualifiche dopo aver danneggiato la sua monoposto in una breve ma intensa escursione su un cordolo).
Dispiace perché un mondiale può essere interessante anche quando una vettura domina sulle altre. Il 2016 ne è un esempio recente. Il 1989, con Prost e Senna alla guida della Mclaren è il caso eclatante.
In quanti, dopo il boom di ascolti della gara del canada (+14% rispetto al 2018) si sintonizzeranno nuovamente domenica 23 per il Gp di Francia?
Tra penalità a Vettel e un Bottas dormiente in bocca al lupo a Liberty Media!
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