In Cina nulla è cambiato. O forse tutto. O si dovrà attendere. Fare il gioco delle tre carte è la cosa più semplice da fare, ma personalmente non c’è altro modo di leggere, almeno per quello che riguarda i piani più alti, il Gran Premio tornato nel paese del dragone (e non solo) dopo cinque lunghi anni – dal 2019 al 2024, in cui tanto, tantissimo non è più come prima.
Nel 2019 la Mercedes dominava la scena, oggi la Red Bull è nel bel mezzo del suo secondo grande ciclo della sua breve quanto vincente storia. Verstappen fa incetta di successi, di record, di nuovi limiti che dovranno essere superati. Tutto nella logica dello sport, della F.1 in particolare: ogni periodo è caratterizzato da una squadra più forte, dal pacchetto più forte, che lascia le briciole agli altri. E allora perché sorprendersi più di tanto di qualcosa che è sempre stato nei ranghi di una disciplina così tecnica quanto soggetta a interpretazioni di ogni tipo, insomma, gli opposti che si attraggono. Arriverà il momento di qualcun’altro, come è sempre stato, da sportivi bisognerebbe apprezzare ciò che Red Bull\Verstappen stanno facendo.
In casa McLaren ci si aspettava un fine settimana più arduo rispetto alla media, e invece è arrivata la migliore prestazione stagionale. Che arriva dopo la mezza delusione di Suzuka. A dimostrazione del fatto che in F.1 le variabili sono tante, le differenze sono minime, e basta la minima sbavatura in più o in meno a farti sembrare un genio o, nel caso contrario, lo zimbello del quartiere. Lando Norris, arrivato a quindici podi in carriera, non si fosse trovato l’olandese pigliatutto, avrebbe vinto una gara nella quale è stato quantomeno alla pari del tre volte campione. Quindici podi con una McLaren mai miglior macchina sono tanti, e in una F.1 dove negli ultimi due anni hanno vinto Verstappen, Pérez e Sainz, non è semplicissimo fare meglio.
Un passo indietro per la Ferrari, o semplicemente un weekend sbagliato. E se in un weekend sbagliato la domenica fai 22 punti, come la sopra menzionata McLaren, non puoi che essere sulla strada giusta. Una squadra che massimizza nella difficoltà della situazione è una squadra che non perde la lucidità, e le battaglie tra Sainz e Leclerc sono nella natura delle cose. Senza inventare sensazionalismi o scenari da tragedia. Ancora una volta, la storia dovrebbe insegnarci qualcosa. Miami sarà banco di prova importante per verificare e il passo in avanti di McLaren e l’inciampo di Ferrari, oppure se le cose torneranno alla normalità vista nelle prime quattro gare. Ma è presto. Aggiornamenti sono già stati deliberati, McLaren li introdurrà a Miami per risolvere i problemi di surriscaldamento delle gomme, Ferrari sia in Florida che soprattutto a Imola per proseguire in un percorso che qualche soddisfazione l’ha già regalata. E poi non è curioso che due macchine che lottano per posizioni similari soffrano dei problemi opposti relativi alla gestione\comprensione degli pneumatici? Sì ma anche no: che strano rompicapo.
Un’Aston Martin a due facce quella vista in Cina, e però nulla di così sorprendente. In qualifica Alonso fa due volte terzo, sia in quella della Sprint, bagnata, che in quella della gara, asciutta, (al netto del fatto che il circuito internazionale di Shanghai avesse quasi meno aderenza di una saponetta, ma questo era uguale per tutti) emblematico del fatto che la vettura, pare, si comporti bene in tutte le condizioni. Ma quando l’AMR24 imbarca carburante sorgono i problemi più antipatici: consumo gomme e perdita di prestazione, l’opposto di un anno fa, se consideriamo la prima parte dell’anno. A Suzuka le cose sembravano migliorate, e quindi occhio a non esporsi in giudizi affrettati. Anche per Aston Martin le prime risposte arriveranno tra due settimane in Florida.
La Mercedes è una vettura lenta, sia che la pista abbia poco grip, che ne abbia molto, che faccia freddo o faccia caldo. Quando piove ci pensa Hamilton e il secondo posto nella Sprint Qualifying è servito, ma le difficoltà sono tante e, come detto tante volte, la strada sembra sbiadita in un quadro che più astratto non potrebbe essere. Ma se nell’astrattismo c’è spesso un senso, e anche quando non c’è le cose sono chiare, nel dipinto delle W15 c’è tanta confusione. Le macchine di Toto Wolff sono quarte nel mondiale, ma appaiono dietro sia alle McLaren che all’Aston Martin, squadre clienti, per tante ragioni che non fanno riferimento alla sola prestazione pura.
Se Yuki Tsunoda non ha sfoggiato le sue migliori prestazioni, ma doveva capitare, specialmente su un circuito che aveva guidato solo al simulatore, per Daniel Ricciardo niente punti, per colpe non sue, ma più fiducia. Che quest’ultima sia scaturita dal nuovo fondo non è possibile saperlo, ora è tempo di dare continuità e mantenere un certo standard da qui alla fine del campionato, perché il compagno non scherza dal Bahrein.
Un punto per la Haas, unica scuderia fuori dalle prime cinque – che potremmo quasi battezzarle le cinque sorelle (maggiori) – a fare punti, dove un punto è come manna dal cielo, un’oasi nel deserto, e può dare un risvolto diverso a un campionato, quello di chi i punti se li suda più di tutti, dettato da piccole differenze e poche occasioni. Chi lavora bene ci riesce, e la Haas sta lavorando bene, con un pilota di nome Nico che in fatto di costanza ci ha costruito – e continua a farlo – una carriera, che meriterebbe di essere sottolineata più spesso. Non è un caso che Audi sia sulle sue tracce da tempo, in quello che sarà un percorso (nelle intenzioni) verso la vittoria. E non si partirà dall’alto, ma dal mezzo, e nel mezzo uno come Hülkenberg fa la differenza.
Chi sta facendo più fatica è la Williams, che ha due certezze: Alexander Albon in quanto a competitività, quest’anno ancora non premiata da punti, e Logan Sargeant in quanto a delusione. Delusione perché dopo quasi un anno e mezzo ci si aspettava qualcosa di più. In un anno e mezzo quasi Logan non è mai riuscito a fare meglio di Alex in qualifica, qualche volta ci è andato vicino, ma mai abbastanza. Fosse stato nel programma Red Bull sarebbe già stato fatto fuori: un modus operandi che non condivido nella maniera più assoluta, ma che sottolinea come, ad esempio, se Nyck de Vries – vincitore a Imola con Toyota inseme a Kobayashi e Conway – fosse stato in Williams probabilmente sarebbe ancora in F.1. Ma avrebbe una vittoria (a oggi) in meno nel WEC. E comunque, il pilota di Fort Lauderdale, che a Miami non avrà una gara più in casa di così, ha bisogno di alzare il livello. In caso contrario non credo che James Vowles si farà molti scrupoli nel concedere un’occasione a qualcun altro.
Se Sargeant dovrà darsi da fare per mantenere un posto in F.1, Ocon e Gasly hanno entrambi il contratto in scadenza nel 2024, una situazione che non è affatto insolita al giorno d’oggi mentre lo sarebbe stata l’anno scorso. Se è vero che il sedile Alpine non è tra i più ambiti, in molti farebbero carte false per aggiudicarselo. A ogni modo, la squadra francese in Cina ha fatto un passo avanti, tanto che rispetto a Suzuka è quasi un altro mondo. Sempre fuori dai punti, ma si poteva battagliare, combattere, darsi da fare quantomeno per tentare. La stagione di Ocon sarebbe sotto gli occhi di molti con un’arma più potente, è sotto i miei di occhi (e non solo) ma ci sono molti che la ignorano. Purtroppo in F.1 funziona così. Gasly è riuscito a metterselo dietro per la prima volta nelle qualifiche della Sprint, e la sua gara è stata fortemente condizionata da un brutto pit stop. Chissà se questo sarà davvero stata la prima luce verso una risalita, almeno fino al sesto posto nei rapporti di forza, obiettivo minimo per Enstone e Viry.
Ultime righe per la Sauber, o Stake F1 Team. Ultime righe per Zhou Guanyu, acclamato dai suoi compatrioti a ogni passaggio sul traguardo, a ogni sorpasso, a ogni curva percorsa. La prima Cina di Guanyu è stata indimenticabile. Lui, primo pilota ufficiale, nel senso di titolare, in una squadra di F.1, che anni fa era a Shanghai per vedere Alonso e Schumacher, che oggi condivide la pista con Fernando, e che ha vissuto ciò che aveva sempre desiderato vivere. Il Covid si era messo in mezzo, ma finalmente la Cina è stata sua e di tutti i cinesi che avevano qualcuno di proprio da sostenere. Uno di loro. Anche per un posto fuori dai punti, e poi le lacrime, l’emozione sul rettilineo principale, dove Liberty Media gli ha lasciato un posticino tutto per lui, dietro ai primi tre, isolato dal mondo circostante ma nel cuore di chi è sempre stato dalla sua parte. Non era proprio il momento di fare politica, o retorica. Sulle emozioni non c’è retorica che tenga.
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