La stagione del team Sauber – formalmente Stake F1 Team KICK Sauber – non può che definirsi disastrosa: zero punti conquistati (unica squadra ancora ferma a nove gare dal termine), un futuro molto nebuloso e poche speranze di risalire la china nel breve termine. Lo slogan sventolato a inizio stagione, unleashed, “scatenato”, con la presentazione della macchina in quel di Londra, ha assunto un effetto boomerang sin dal principio e man mano che il campionato è andato a svilupparsi, con pit stop pessimi a cancellare ogni chance di top dieci nelle primissime corse seguiti da una competitività mai realmente effettiva. In sostanza, la vettura disegnata dal direttore tecnico James Key e il suo staff – la C44 – non è abbastanza veloce in un mondo, quello della F1, velocissimo e a dir poco brutale.
La qualifica, specialmente, rappresenta il vero e proprio tallone d’Achille. Valtteri Bottas, vero e proprio specialista in materia, ha raggiunto il Q3 solamente in Cina (decimo), e si è qualificato nella seconda manche sei volte su quindici Gran Premi. Oro colato se si volge lo sguardo al rendimento di Zhou Guanyu: tredici volte fuori nel Q1, due nel Q2 (in Spagna, quindicesimo, e a Silverstone, quattordicesimo). La realtà dei fatti vede il finlandese molto più veloce del pilota di Shanghai, e però questo non si è mai tradotto in risultati concreti, tanto è vero che – paradossalmente – Zhou è addirittura davanti nella graduatoria piloti: diciannovesimo grazie a un undicesimo posto ottenuto in Bahrein, con Bottas ventunesimo (e ultimo) con due tredicesime piazze a rappresentare i migliori piazzamenti. E quindi, nel momento in cui si parla di un Bottas demotivato, se questa è la verità – nessuno lo sa – come biasimarlo se ogni qualvolta ha delle chance di lottare per i punti c’è un impedimento che lo costringe a sventolare bandiera bianca?
Se è vero che il neo trentacinquenne di Nastola è in scadenza di contratto, è altresì corretto dire come anche il venticinquenne asiatico, probabilmente alla sua peggior annata nella massima categoria automobilistica a ruote scoperte, sia nella stessa situazione. I problemi di Zhou, nei fatti, non se ne sono mai andati. Non c’è (quasi) mai stato il giusto feeling con la monoposto, considerata troppo sensibile e che quindi va a cozzare con lo stile di guida del primo cinese titolare nella storia della F.1, aggressivo e diretto. C’è quindi la sensazione che il team diretto da Alessandro Alunni Bravi – con Nico Hulkenberg già ufficializzato mesi addietro – possa non più richiedere le prestazioni di Zhou, mentre Bottas ha ancora delle fiches da potersi giocare.
Perché la squadra elvetica, essendo più che ultima, è poco appetibile: la scelta di Sainz, gli addii di Andreas Seidl e Oliver Hoffmann con Mattia Binotto nuovo leader del progetto sportivo, sono tutti puntini che uniti fanno un disegno piuttosto chiaro, anche se l’arrivo (nel 2026) dell’esperto e autorevole Jonathan Wheatley ha dato un pizzico di verve a un progetto finora apparso tanto fumo e niente arrosto. In ottica 2025, se dovesse maturare l’addio di Bottas, una scelta interessante potrebbe ricadere in uno tra Theo Pourchaire – tuttavia poco invischiato nei radar della F.1 – e Zane Maloney, entrambi membri dell’academy. In una situazione così ingarbugliata, puntare su uno dei due non sarebbe peregrino. Anche perché la stessa academy rappresenta una delle poche cose interessanti attualmente presenti in seno alla squadra.
La prestazione del team quest’anno neroverde tra le dune di Zandvoort, in riva al Mare del Nord, è stata a dir poco tremenda. Mai realmente nella contesa per i punti, anzi: ben più lenti delle lepri più vicine e perennemente nelle ultime due posizioni, con Bottas che ha provato a tamponare la situazione grazie a un bel primo stint con pneumatici morbidi mentre emblematica è stata la prova di Zhou, specialmente quando nei primi giri, davanti a Magnussen per un errore del danese di Roskilde, si è visto letteralmente mangiare il divario in una manciata di tornate per poi stazionare mestamente ultimo, terminando a mezzo minuto dal compagno. Ma in tutto questo ci dovrà pur essere una luce, anche se si fa davvero fatica a intravederla.
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