Il mondo al contrario. Almeno, questo è stato il fine settimana della Ferrari in Canada. Un mondo normale, la vittoria di Verstappen, un po’ meno normale il salto, in avanti, della Mercedes. E poi la McLaren, che si è confermata, nel complesso, la vettura più veloce.
L’ha vinta ancora una volta lui, Max Verstappen. Quasi noncurante dei pronostici, e soprattutto della realtà. Non è più la Red Bull di inizio stagione, men che meno quella dell’anno scorso, che pure qui, sul circuito che prende il nome di Gilles Villeneuve, aveva vinto ma non brillato. E poi, Pérez, che dal Gran Premio a Imola pare essere entrato in quel groviglio di incredulità da cui fa fatica a liberarsi.
In un certo senso, si è ripetuta l’antifona. Ma il ritornello dice sempre uno: l’olandese. Su un circuito bagnato, che si è poi andato ad asciugare – ciclo ripetutosi due volte – le safety car, il saper cogliere l’attimo, il restare lucidi, sono cose che si moltiplicano quasi esponenzialmente quando ci sono queste condizioni. Lo si è potuto riscontrare sin dalle libere, e in particolar modo in qualifica, dove Russell e Verstappen hanno ottenuto il medesimo tempo, al millesimo, con il britannico in pole per aver messo a segno il crono prima.
Russell, tanto bravo in qualifica, quanto pasticcione in gara. Due errori che hanno pesato. Una Mercedes che aveva possibilità concrete di vincere, posto che la McLaren è stata più rapida per la maggior parte della gara. E che però non ha vinto. Quantomeno, per George è arrivato il podio. Aveva persino rischiato di perderlo, ma al sorpasso di Hamilton ha risposto con un controsorpasso tutto cuore, con la consapevolezza che non si poteva finire quarti. La gara di Russell, il suo atteggiamento, ha tolto, ma ha anche dato. Per la Mercedes migliore dell’anno, una mezza delusione, nell’ottica della stagione nel suo complesso, molto di più. Si fa fatica, però, a credere che abbiano risolto i problemi da un giorno all’altro.
Come detto, Verstappen è riuscito a scassinare anche questa. E per quanto quella safety car sia caduta proprio a fagiolo, McLaren non è stata abbastanza reattiva nel richiamare dentro – ai box – il numero quattro. Con Norris, al comando con dieci secondi su Verstappen e Russell, è mancato quello che si chiama intuito. Il margine per decidere era poco, vero, ma c’era. Avessero azzeccato quella scelta, molto difficilmente Lando avrebbe perso quella che sarebbe stata la sua seconda vittoria. A dimostrazione che, per quanto questi errori li commettano tutti, forse manca ancora qualcosa. Ma la MCL38 va davvero forte.
E ora la Ferrari. Un weekend così, al netto dell’anomalia dello stesso, è stato un colpo di scena per tutti. Due ritiri sono il risultato della rossa sull’isola di Notre-Dame. Bisogna dirlo chiaramente: non ci hanno capito nulla. Dopo otto fine settimana da considerare più che positivi, soprattutto per la consistenza dei risultati, poteva capitare. C’è tuttavia da capire quello che è successo.
L’affidabilità non lascia dormire sonni tranquilli. Con tutta probabilità si dovrà ricorrere a qualche sostituzione di troppo, che in qualche gara porterà a partire dal centro della classifica. Non è ideale. Ma se la Ferrari è quella vista nel primo terzo di mondiale, e non c’è ragione di pensarla diversamente, allora non c’è da preoccuparsi. Così come non si era in lotta per il campionato (correggo, i campionati) dopo Monaco, non lo si è neanche dopo Montréal.
L’Aston Martin ha ottenuto due piazzamenti nei punti. Non capitava da un po’. Lance Stroll, a casa sua, i punti li ha mancati solo nel 2018, con la Williams, quando si è ritirato al primo giro a causa di un incidente con Brendon Hartley. Fernando Alonso, che si è tenuto dietro Hamilton nella prima parte della corsa, ha perso la posizione ai box, per un cambio gomme poco brillante dei meccanici in verde. Uno spiraglio di luce che si è aperto, ma parliamo di un weekend così atipico che districarsi in giudizi più concreti è davvero difficile.
A punti le due Alpine, oltre che Daniel Ricciardo, peccato per Albon, vittima dell’errore che ha portato Sainz al ritiro. E poi le Haas, che avevano azzeccato la scelta di montare le wet (gli unici) in partenza. Poi qualche sbaglio di troppo, e il fatto che la pista non sia venuta incontro alla tattica degli statunitensi, non ha portato ciò che, dopo i primi quindici giri, si pensava potesse portare.
Era confortevolmente nei dieci anche Yuki Tsunoda, fresco di rinnovo come Pérez, ma un errore alla fine del secondo settore ha vanificato quella che è comunque stata l’ennesima tappa brillante per il giapponese. Per Ricciardo sono punti importanti, perché i primi ottenuti di domenica. Tuttavia, piuttosto che rispondere “a tono” alle critiche altrettanto ficcanti di Jacques Villeneuve, sarebbe opportuno che questi risultati avvenissero con più costanza. Successivamente, forse, avrebbe anche ragione. Perché, prima di tutto, si risponde sempre in pista. E perché Tsunoda, prima dell’errore, era ancora davanti, con una strategia diversa e più efficace, vero, ma sempre davanti era, come lo è stato per l’80% della stagione.
Barcellona, infine, per tornare allo status quo, questo lo spera la Ferrari, meno la Mercedes. La Red Bull, in un circuito classico, e possibilmente con un meteo più lineare, è attesa da un banco di prova molto importante per il prosieguo del campionato. E poi ci sarà qualche upgrade tecnico, un fatto comune in Catalogna. Tra due settimane, insomma, si saprà di più.
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