Nella notte Australiana tra giovedì e venerdì, si è tenuto com’è noto un meeting tra le squadre di F1 per capire se annullare o meno l’evento. McLaren era già a favore dell’annullamento, in virtù della positività di uno dei loro membri al COVID-19.
Nella riunione, le squadre erano divise in 4 contro 4, più due astenuti. Ferrari, Alfa Romeo, McLaren e Renault erano a favore dell’annullamento, mentre Red Bull, AlphaTauri, Racing Point e Mercedes erano a favore della prosecuzione. Proprio la stessa Mercedes che, poche ore più tardi, avrebbe mandato un comunicato nel quale dicevano di aver richiesto la cancellazione dell’evento. Le due astenute, per completare il conto, erano Haas e Williams.
Da quanto traspirato, sembra che Wolff volesse effettivamente disputare FP1 ed FP2 al venerdì, per poi valutare come mandare avanti il weekend in base alle evoluzioni del COVID-19 e del contagio. Per annullare il weekend, i team che non volevano correre sarebbero dovuti essere 5, facendo quindi mancare il numero legale per l’evento. A conti fatti, però, fino alla prima parte della riunione le vetture che potevano scendere in pista erano 12, esattamente il numero legale minimo. A cambiare le carte in tavola, una telefonata tra Wolff ed Ola Källenius, CEO di Daimler AG, l’azienda che gestisce il marchio Mercedes. In questa chiamata si sarebbe parlato dei rischi per il personale Mercedes, e dopo la chiamata Wolff è tornato al tavolo delle trattative cambiando opinione e schierandosi contro lo svolgimento dell’evento.
Mancando così il numero legale, la FIA ha iniziato le pratiche per l’annullamento dell’evento, culminate con il comunicato rilasciato alle 9 del mattino locali.
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