Per descrivere adeguatamente la vita di un uomo come Niki Lauda non basterebbe un film, difficile farlo con un articolo che non vuole essere un tentativo di ripercorrere la biografia di questo straordinario campione per santificarlo e osannarlo. In queste righe cercherò di rendere omaggio allo spirito di Niki, ai grandi traguardi che esso gli ha permesso di raggiungere senza dimenticare i suoi difetti perché, come tutti i grandi dell’automobilismo, Lauda era innanzitutto un grande egocentrico.
I PRIMI ANNI
Lo dimostrò già da ragazzo quando rifiutò di seguire le orme del nonno e del padre, rinomati e rispettati banchieri austriaci, per seguire la sua passione per le corse. Grazie ad una serie di prestiti, riuscì a correre prima in una serie minore e poi in Formula 3, dove nacque la sua rivalità in pista con l’inglese James Hunt, rivalità che sarebbe poi esplosa in Formula 1 qualche anno più tardi. In realtà la loro era una sana rivalità sportiva, furono soprattutto i giornalisti a dipingere il loro rapporto come un vero e proprio odio. Ma sia Niki che James hanno sempre detto che fuori dall’abitacolo chiacchieravano amabilmente e anzi erano fra i pochi a piacersi all’interno del paddock. Intanto i soldi finirono presto e la carriera di Lauda sembrava già destinata a finire quando Niki, grazie a un ulteriore finanziamento bancario, riuscì ad ottenere un posto in Formula 2 con la March.
LA FORMULA 2
La Formula 2 era all’epoca una serie incredibile: gareggiavano insieme piloti affermati della F1 (fuori classifica, per puro divertimento) e giovani desiderosi di arrivare alla massima serie automobilistica. La competizione era perciò serratissima e non a caso soltanto i migliori riuscivano a mettersi in luce, considerando che c’erano in media 40 partecipanti per ogni gara, era un grande risultato già riuscire a qualificarsi per la gara. Negli anni della Formula 2 Niki si mise subito in luce come pilota veloce e come eccellente collaudatore, tanto che si liberò già in questi anni della scomoda etichetta di “pilota pagante” viste le sue qualità.
I PRIMI ANNI IN FORMULA 1
Niki disputò la sua prima gara in F1 già nel 1971 al volante di una March ma si ritirò dopo pochi giri. L’anno successivo disputò l’intero campionato ma la macchina inglese era lontana dal riuscire a finire anche solo una gara e per Niki era insopportabile continuare in quelle condizioni. Si mise così in contatto con la BRM e riuscì a strappare un contratto estremamente complesso, ricco di cavilli, come pilota pagante. In questa occasione l’austriaco dimostrò tutta la sua abilità anche come uomo d’affari, peculiarità della sua famiglia che seppe applicare alla perfezione al mondo delle corse. La stagione 1973 fu positiva per Lauda infatti, nonostante una macchina poco competitiva, riuscì ad ottenere il suo primo piazzamento a punti nel Gran Premio del Belgio.
L’APPRODO IN FERRARI
Proprio quando il rapporto fra Lauda e la BRM stava degenerando, per via dei mancati pagamenti del pilota, arrivò la chiamata inaspettata della Ferrari. Enzo infatti aveva appena ingaggiato Clay Regazzoni per la stagione 1974. Il pilota svizzero aveva corso l’ultima stagione con Niki alla BRM e, sottolineando la sua abilità di collaudatore, suggerì al Commendatore di ingaggiare Lauda come secondo pilota. Iniziò così una delle pagine più importanti della storia della Formula 1 e della Ferrari: Lauda vinse in quattro anni due titoli mondiali ma soprattutto visse la terribile esperienza dell’incidente al Nurburgring nel 1976.
L’INCIDENTE E IL PRODIGIOSO RECUPERO
Nel corso del Gran Premio di Germania del 1976 sul circuito del Nurburgring, Lauda ebbe un terribile incidente. Viste le pessime condizioni meteorologiche il pilota austriaco chiese, durante una riunione fra i piloti prima della gara, l’annullamento della corsa perché il rischio di correre con pista bagnata sulla Nordschleife (già di per sé pericolosissima) era per lui inaccettabile. La votazione fra i piloti però gli diede torto infatti la maggior parte dei colleghi, Hunt in testa, votò per la regolare disputa del Gran Premio. Così si corse e, poche curve dopo aver cambiato le gomme da bagnato con quelle slick, perse il controllo della sua Ferrari alla curva Bergwerk e l’esito fu tremendo: la sua 312T2 sbatté violentemente contro il guardrail rimbalzando in pista e venendo colpita da altre vetture che sopraggiungevano. La macchina prese fuoco e, con il serbatoio che in quel tempo era collocato intorno al sedile del pilota, Lauda si ritrovò bloccato in un inferno di fuoco. A fermarsi per prestargli soccorso furono diversi colleghi e alla fine Arturo Merzario riuscì a sfilargli le cinture di sicurezza e ad estrarlo ancora vivo dall’abitacolo. Le conseguenze furono tremende non solo per il corpo (la tuta era ignifuga ma nell’urto il casco si sfilò ed ebbe ustioni su tutto il volto) ma soprattutto per i polmoni e il cuore del pilota: Niki aveva infatti inalato per diversi secondi i fumi tossici della benzina che gli avevano avvelenato i polmoni e il sangue, pochi secondi ancora passati nell’abitacolo della sua Ferrari lo avrebbero ucciso. Le sue condizioni erano critiche e venne dichiarato fuori pericolo di vita solo dopo diversi giorni. Fu proprio in questi giorni che Lauda dimostrò a sé stesso e al mondo intero la sua incredibile forza fisica e mentale: si sottopose senza risparmiarsi alle cure dei medici, fra le quali la più dolorosa era sicuramente quella riservata ai polmoni avvelenati dai fumi tossici. Dopo che tutti, Ferrari in primis, l’avevano dato per morto Niki tornò incredibilmente alle gare dopo soli 42 giorni dal terribile incidente del Nurburgring. Lo fece nella gara più importante per la Ferrari, quella di Monza dove concluse 4° e il pubblico lo osannò come se avesse vinto. La soddisfazione più grande per lui fu concludere davanti a Carlos Reutemann, quello che Enzo Ferrari aveva scelto come suo sostituto.
IL RAPPORTO CON ENZO FERRARI
Ma la parte più leggendaria della sua avventura in Ferrari non furono i due titoli mondiali, bensì il suo rapporto di amore e odio con Enzo Ferrari. Il rapporto iniziò con Niki che, dopo il primo test a bordo della Ferrari, urlò davanti al Drake: “Questa macchina è una merda!”, facendo sbiancare tutti i meccanici e gli ingegneri. Con il carattere di Enzo, si poteva esser licenziati per molto meno! Enzo e Niki, avendo un carattere estremamente simile, arrivarono a scontrarsi diverse volte ma si rispettavano a vicenda e impararono anche a volersi bene. Ferrari riconosceva al pilota austriaco una velocità e una competenza tecnica nel settare la macchina che aveva visto in pochi altri piloti, dall’altra parte Niki riconosceva nel Drake il suo stesso egocentrismo e la sua stessa passione per le corse. Il rapporto fra i due si incrinò definitivamente dopo l’incidente del Nurburgring: Ferrari ingaggiò Reutemann come sostituto di Niki ancor prima che si sapesse se egli si sarebbe salvato o no. Lauda si legò al dito questo affronto e in più Enzo (pur difendendo la scelta del suo pilota in pubblico) non digerì mai veramente il suo ritiro volontario dal Gran Premio del Giappone 1976 che costò all’austriaco il titolo. Niki e la Ferrari continuarono insieme nel 1977, vinsero entrambi i titoli e si lasciarono a due gare dalla fine del campionato, quando la matematica aveva già incoronato l’austriaco Campione del Mondo.
IL PASSAGGIO ALLA BRABHAM E IL PRIMO RITIRO
Nei due anni successivi Lauda corse con la Brabham-Alfa Romeo di Bernie Ecclestone ma ottenne soltanto due vittorie in poco meno di due anni. Infatti l’austriaco decise di ritirarsi dalla Formula 1 alla vigilia del Gran Premio del Canada 1979 per dedicarsi agli affari, aveva infatti fondato la compagnia aerea Lauda Air.
IL RITORNO CON LA MCLAREN E IL TERZO MONDIALE
Il richiamo delle corse era però troppo forte e, dopo aver effettuato alcuni test per la McLaren nel 1981, rientrò come pilota titolare della scuderia di Woking nel 1982. Lauda dimostrò subito di non aver perso smalto vincendo già alla sua terza gara dopo il rientro, al Gran Premio degli Stati Uniti-Ovest, e chiuse l’anno con un altro successo al Gran Premio di Gran Bretagna. Il 1983 fu più difficile per l’austriaco che poté fare ben poco contro le vetture turbo che, oltre a una migliore prestazione, avevano ormai raggiunto un grado di affidabilità che gli permetteva di concludere tutte le gare. Il 1984 fu invece l’anno del terzo titolo mondiale, arrivato a seguito di una battaglia incredibile contro il nuovo compagno di squadra Alain Prost nella quale si impose per solo mezzo punto (ancora oggi il divario più basso fra primo e secondo nella classifica finale). La gara decisiva fu proprio l’ultima in Portogallo dove Lauda, partito a centro gruppo, rimontò fino al secondo posto dietro a Prost: quanto bastava per ottenere il titolo mondiale. Il 1985 fu l’ultimo anno della carriera di Lauda, un anno avaro di soddisfazioni in cui Niki ottenne una sola vittoria al Gran Premio d’Olanda.
LA VITA DOPO LE CORSE
Dopo il secondo ritiro Lauda continuò ad occuparsi di affari, fondando una seconda compagnia aerea (la Fly Niki) dopo aver venduto a suon di quattrini la Lauda Air. Rimase anche nell’ambiente della Formula 1: lavorò attivamente per la Ferrari all’inizio degli anni Novanta, poi per la Jaguar e infine dal 2012 per la Mercedes come presidente non esecutivo, dando una grossa mano nell’organizzazione del Team e nel convincere Lewis Hamilton ad unirsi alla squadra nel 2013. Anche dopo il ritiro, Lauda continuò ad impegnarsi per la sicurezza in pista e, dopo la morte di Ayrton Senna, ricostituì con altri piloti (fra i quali Michael Schumacher) la Grand Prix Drivers’ Association il cui fine fu proprio quello di rendere più sicure le corse. Negli ultimi anni da presidente Mercedes, Lauda entrò in polemica diverse volte con la “sua” Ferrari, tanto da dover poi chiarire le sue intenzioni e chiedere scusa per dichiarazioni male interpretate o volontariamente mal riportate da giornalisti che cercavano lo scoop. Tuttavia il primo amore non si scorda mai e l’ultimo desiderio di Niki fu quello di farsi seppellire con la tuta Ferrari che aveva indossato nei gloriosi anni Settanta.
L’EREDITA’ DI NIKI
A seguito della sua scomparsa è stato ancora più chiaro quanto la figura di Lauda fosse fondamentale all’interno del Paddock. Non solo per la Mercedes, ma per tutti i piloti che in lui trovavano sempre una persona disponibile a chiacchierare e a dare consigli. Il bellissimo tributo che il paddock gli ha tributato alla vigilia della partenza del Gran Premio di Monaco lo scorso anno (tutti indossavano il “suo” cappellino rosso) è la prova di quanto Niki fosse un punto di riferimento per tutti.
L’immagine più bella di quel weekend rimane questa: i grandi rivali Hamilton e Vettel che omaggiano il campione Niki concludendo al primo e secondo posto, riportando in gara il suo casco nelle varianti degli anni ’70 e ’80.
Questo tributo si chiude con la lezione più bella di Niki, un invito a non smettere mai di combattere nella nostra vita che ci viene dalle parole con cui ritirò nel 2016 il Laureus Sport Award alla carriera e che in questo periodo ha una valenza ancora più grande: “Vorrei dirvi una cosa, ho visto molte persone vincere e perdere. Vorrei dedicare questo premio agli sconfitti, perché dalla mia esperienza personale posso dire che vincere è importante ma dalle sconfitte ho sempre imparato di più per il futuro”.
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