Charles Leclerc (2016, 2017), George Russell (2017, 2018), Oscar Piastri (2020, 2021) e, da oggi, Gabriel Bortoleto: 2023, 2024. Questi i nomi dei piloti che, da rookie, hanno fatto loro i campionati di F3 e di F2. “Back to back!”, esclama un gioioso Bortoleto alla radio, poi gli auguri di un futuro radioso nella massima categoria, dove martedì sarà già protagonista dei test post-stagionali, seguiti da esultanze e abbracci, con i famigliari, gli sponsor, con Fernando Alonso – fondatore della “A14 Management” di cui Gabriel non può che esserne il fiore all’occhiello – e con i membri del suo team, Virtuosi, che come ART nel 2023 si è aggiudicato sia il titolo con uno dei suoi piloti che quello dedicato alle squadre, battendo su tutti i fronti il team Campos. Sconfitti, gli spagnoli, non appena si sono spente le luci, con Isack Hadjar, rivale di Bortoleto, fermo in mezzo al rettilineo; ripartito con un giro di ritardo, il franco-algerino non si è mai dato per vinto, nella speranza che un imprevisto potesse cambiare le sorti di un esito ormai “scontato”. Nulla di tutto questo. Dalle stelle alle stalle, le due facce della vita, le due facce dello sport, racchiuse in due attimi così vicini ma così drammaticamente lontani.
Bortoleto, ventenne di San Paolo, ha debuttato in monoposto nel 2020, concludendo al quinto posto il campionato di F4 italiano; l’anno successivo un podio e il quindicesimo posto finale nel Regional by Alpine, categoria ripetuta nel 2022 (sesto). Nello stesso anno, i primi test nel FIA F3 con il team Trident, squadra con cui l’anno scorso si sarebbe laureato campione. A fine anno ancora test, questa volta per assaggiare la Formula 2. Categoria in cui quest’anno, grazie a due successi (la Feature Race a Spielberg e quella di Monza, dove partiva dall’ultimo posto), otto podi e soprattutto ventidue piazzamenti a punti su ventotto corse disputate, è giunto il coronamento della sua carriera nelle categorie propedeutiche. La consistenza, sua arma principale, gli è stata fidata, fidatissima consigliera, e le scelte da lui compiute si sono rivelate sempre azzeccate. E poi la velocità: resta inteso che se non si è veloci, della costanza ce ne si fa veramente poco; servono entrambe, e non solo, per diventare campioni.
Una corsa, l’ultima Feature Race della stagione, che non ha visto tra i suoi protagonisti Andrea Kimi Antonelli (Prema), così come nella Sprint fuori dai giochi per problemi di salute. L’italiano, che ha concluso al sesto posto la sua prima e unica annata nella serie, punterà ad esserci per i test post-stagionali di F1 con la Mercedes. Test a cui non ci sarà il suo compagno Oliver Bearman, oggi ottimo quinto e autore di una delle sue migliori prestazioni di una stagione a ogni modo indimenticabile. La corsa, vinta meritatamente da Joshua Dürksen (AIX), si è sviluppata con grande linearità: gli unici ritirati hanno risposto al nome di Rafael Villagómez (Van Amersfoort) e Jack Crawford (DAMS), coinvolti in una dinamica di gara nelle sue fasi originarie.
Alle spalle del paraguaiano – un successo nella Sprint di Baku e uno nella Feature appena conclusasi -, ad essersi piazzato secondo è stato proprio Bortoleto, che dopo il pit stop aveva perso le posizioni sullo stesso Dürksen e su Victor Martins (ART) – poleman della gara -, per poi riprendersi quantomeno la piazza d’onore sul francese negli ultimi chilometri. Alla fine Martins, settimo nel campionato piloti e coinvolto nella burrasca del suo team, incapace di trovare una quadra tecnica dignitosa come i cugini della Prema, si è visto beffare anche da Richard Vershoor (MP Motorsport); l’olandese, grazie a un primo stint straordinario con pneumatici medi, è stato in grado di risalire la china con grande impeto, artigliando il suo sesto podio stagionale (tutti nelle ultime undici gare) all’ultimo giro. Sesto un convincente Pepe Martí (Campos), seguito da Dino Beganovic (DAMS) – ancora a punti – e da Amaury Cordeel (Hitech), al quale vanno fatti i complimenti per la prestazione. A chiudere la zona punti ci sono Oliver Goethe (MP Motorsport) e Ritomo Miyata (Rodin): un anno difficile per il nipponico.
Fuori dai punti – tra gli altri – Paul Aron (Hitech, che partiva dalla pit lane), a ogni modo terzo in classifica in quella che è stata una stagione più che positiva, Kush Maini (Virtuosi), vittima di problemi durante il suo pit stop ma soprattutto di un ritmo che non c’è mai stato, e Leonardo Fornaroli (Rodin), tredicesimo al suo battesimo in una Feature, sicuramente la gara in monoposto più lunga della sua vita. Per il piacentino, campione F3 con il team Trident, nel 2025 si apriranno le porte di quel team, Virtuosi, che tanto bene ha fatto in questa stagione. Le premesse non possono che definirsi allettanti.
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