Inutile girarci attorno: si tratta della notizia del momento, del colpo da novanta in tutti i sensi possibili e immaginabili. Adrian Newey, l’ingegnere più decorato nella storia della F.1, ha accettato la corte dell’Aston Martin e del suo proprietario Lawrence Stroll, il quale ha fatto di tutto pur di avere con sé l’ex aerodinamico (e non solo) di Red Bull, Williams e McLaren tra le altre. Tredici mondiali piloti, dodici costruttori, più di duecento successi e altrettante pole position con le vetture da lui progettate.
Su Newey – che ha maturato la scelta di lasciare il team Red Bull dopo quasi venti anni – non c’era solamente la Ferrari, checché se ne dica. Quando un personaggio, un professionista di questo livello è libero sul mercato, non può esserci una sola squadra vogliosa di accaparrarselo. I fattori principali per cui Adrian abbia scelto la squadra di Silverstone, quelli li sa solo lui. Oltre alla storia dell’Inghilterra, del fatto che non avrebbe lasciato la sua terra per altri lidi, e di tante altre ipotesi\fatti più o meno verosimili, non si può andare.
Il classe 1958, a ogni modo, è solo l’ultima delle numerose acquisizioni effettuate dall’Aston: che le intenzioni di Stroll senior fossero alquanto serie, questo lo si poteva intuire dal suo modo di essere e di intendere la vita. Almeno da quello che traspare e che possiamo scorgere. Poi, però, ci sono i fatti. E i fatti raccontano che in pochi hanno detto di no al magnate canadese. A partire da Sebastian Vettel nel settembre del 2020, passando per Fernando Alonso due anni dopo, con l’asturiano letteralmente scappato dall’Alpine dopo la decisione del pilota di Heppenheim di appendere il casco al chiodo.
I due campioni del mondo hanno condiviso il proprio box con Lance, titolare indiscusso e inamovibile nell’architettura Aston Martin. Per non parlare degli investimenti: il nuovo campus della squadra, aperto ufficialmente nell’estate 2023, grande 37.000 metri quadrati con posto per circa 700 persone, sostenibile e finalizzato al benessere della forza lavoro. La nuova galleria del vento e il nuovo simulatore, in via di completamento, e con ogni probabilità in perfetto stato in vista del nuovo regolamento tecnico 2026, sul quale si potrà ufficialmente mettere mano dal primo gennaio 2025.
Infine, nuove competenze, nuove figure affermate, tra i quali Enrico Cardile, Dan Fallows, Luca Furbatto, Eric Blandin, Andy Cowell, i decani (per militanza) Tom McCullogh e soprattutto Andy Stevenson – quest’ultimo presente da quando il team si chiamava Jordan ed era gestito (nonché fondato) dall’omonimo Eddie. Lo stesso che, in qualità di manager di Newey, ha assistito il nativo di Stratford-upon-Avon nella sua scelta finale. Il cerchio della vita.
In sintesi: il team Aston Martin è quasi pronto. Decisamente ha tutti gli strumenti per vincere. Ma non si vince solo con i nomi e le infrastrutture. Quelle aiutano, e non poco. Senza competenze, senza strumenti, non si va da nessuna parte. Ma nella vita, che non è un gioco matematico, il successo non è un’equazione. L’equazione, seppur ben scritta, potrebbe non essere risolta. Nel nostro mondo niente è assicurato. Troppe le dinamiche, i fattori, troppi i dettagli impercettibili. Ma la tavola, questo è certo, è stata apparecchiata molto bene. Riuscirà Adrian Newey (e il suo dream team) a portare alla vittoria un’altra squadra? Il tempo sarà galantuomo. Come d’altronde lo è sempre stato.
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