In una domenica di motorsport funestata dalla scomparsa di Dupasquier, pilota Pruestel GP Moto3, è la 500 Miglia di Indianapolis a risollevare decisamente gli animi degli appassionati, spinti da un’epocale battaglia tra il 46enne Hélio Castroneves (Meyer Shank Racing #06) ed Alex Palou (Chip Ganassi Racing #10), che di anni ne ha solamente 24. Due generazioni a confronto ritrovatesi a battagliare in pista con obiettivi differenti: se Castroneves puntava da più di un decennio alla quarta Indy500, Palou invece correva ad Indianapolis per la seconda volta in carriera.
Ad avere la meglio è stato Hélio, ora alla pari di A. J. Foyt, Al Unser e Rick Mears, giganti dell’automobilismo americano con le loro quattro vittorie artigliate nel superspeedway dell’Indiana. Statisticamente parliamo di un successo epico, a tratti surreale per la modalità con cui è stato raggiunto e per il lasso di tempo richiesto. Castroneves, infatti, debuttò ad Indy nel 2001 con il Team Penske e subito arrivò un primo sigillo poi bissato l’anno successivo e ripetuto ancora nel 2009.
Tra il 27 maggio 2001 ed il 30 maggio 2021 sono passati vent’anni, per esser più precisi 7308 giorni, una parentesi temporale che appare infinita considerando quanti passi abbia compiuto il motorsport da inizio millennio. Eppure Hélio Castroneves, nato a San Paolo (Brasile) nel 1975, è sceso di nuovo in pista per correre la 21^ edizione della propria gloriosa carriera a Indianapolis, non più con Penske bensì con Meyer Shank Racing, squadra entrata ufficialmente nell’universo IndyCar solo nel 2017.
Le strade tra Hélio e la compagine del Capitano (Roger Penske) si sono divise dunque a fine 2020, quando il brasiliano ha finalmente ottenuto un titolo nazionale vincendo il WeatherTech SportsCar Championship by IMSA in coppia con Ricky Taylor e a bordo dell’Acura diretta da Penske. Nell’anno in corso, perciò, è iniziata una nuova sfida, prima con Wayne Taylor Racing sempre nell’IMSA, poi con Meyer Shank in direzione Indianapolis. Risultato? Vittoria alla 24 Ore di Daytona insieme a Filipe Albuquerque, Ricky Taylor ed Alexander Rossi e trionfo nella 500 Miglia di Indianapolis, il tutto tra il 30 gennaio ed il 30 maggio, quattro mesi per portare a casa due delle gare più importanti in America e nel mondo.
La Indy500 corsa ieri è una dimostrazione di cosa un uomo di 46 anni possa fare attraverso la determinazione e la volontà di raggiungere un singolo obiettivo nonostante i continui fallimenti. Sì, perché dal 2010 Hélio ha continuato a provarci, ma non è mai riuscito a vincere né la quarta 500 Miglia né un singolo campionato IndyCar, passando attraverso la beffa del 2014, quando Ryan Hunter-Reay (Andretti Autosport #28) batté il brasiliano per 60 millesimi. Anche nel 2017 Castroneves ci andò vicino, uscendo persino indenne dal drammatico volo di Scott Dixon, che quasi atterrò sulla DW12 di un Hélio che stava uscendo dalla Pit Road. Nonostante il pericolo la gara del brasiliano continuò e sembrò addirittura prendere la strada della Victory Lane, salvo poi incontrare il più grande degli ostacoli nel miglior Takuma Sato di sempre, vincitore per circa due decimi.
Insomma, raggiungere Foyt, Unser e Mears sembrava ormai impossibile, soprattutto considerando gli ormai dodici anni di tentativi andati a vuoto. E invece già dalle prove libere si capiva che il pacchetto tecnico di Meyer Shank fosse competitivo, soprattutto in configurazione gara, anche se per vincere a Indianapolis è richiesta la coordinazione di fattori quali amministrazione dell’aria sporca, consumo carburante, gestione delle Caution e perfezione in Pit Road. Ieri, domenica 30 maggio, tutti questi elementi si sono concatenati, permettendo ad Hélio Castroneves di seguire senza problemi Alex Palou, studiando lo spagnolo di CGR, risparmiando il giusto quantitativo di bioetanolo e sfruttando meglio la variabile doppiati.
La quarta Indy500 di Hélio è tutta nel sorpasso in curva 1 a due giri dalla fine, nella tornata finale percorsa alla perfezione nonostante l’alto numero di vetture più lente davanti e, sinceramente, nell’esultanza post-gara. Dal momento in cui il brasiliano è sceso dalla vettura ogni commento è stato superfluo, le immagini hanno raccontato tutto: lo scendere dalla DW12, il puntare le reti di protezione, arrampicarsi alla Spiderman come non accadeva da Iowa 2017 e festeggiare insieme al pubblico che, finalmente, è tornato protagonista. Per non parlare degli abbracci con la famiglia, dei festeggiamenti con Michael Shank e Jim Meyer (i proprietari del team), delle congratulazioni da parte dei colleghi (Marco Andretti, Alex Palou, Pato O’Ward, Simon Pagenaud, Will Power in primis) e, soprattutto, del bacio di Mario Andretti, un istituzione del motorsport. Una sequenza di immagini ed eventi che ha mandato in disordine il programma del cerimoniale, ma meglio così perché il post gara di ieri è destinato a rimanere nella storia della 500 Miglia di Indianapolis.
105^ INDIANAPOLIS 500 | RISULTATI QUI
Matteo Pittaccio
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