MotoGP | Recap metà stagione 2022: Suzuki

Per i recap di metà stagione proseguiamo con la Suzuki: quinto costruttore in classifica, è anche quello che lascerà (clamorosamente) la MotoGP al termine di quest’anno. Se per l’Aprilia avevamo detto che si era trasformata dal classico “brutto anatroccolo” in una delle moto più competitive e attraenti della griglia, la GSX-RR della casa di Hamamatsu ha compiuto il percorso inverso, complice anche la scelta di terminare il programma MotoGP a fine 2022.

Suzuki, un addio lungo e indecoroso

La decisione dei vertici Suzuki di porre fine al suo impegno nel motomondiale ha sorpreso tutti, incluso il team stesso che era al momento dell’annuncio era impegnato a Jerez per la giornata di test. Poi c’è stata la trattativa con la Dorna e, infine, l’annuncio della chiusura, del programma MotoGP e anche quello EWC con il team SERT. Una scelta purtroppo dettata dalla volontà di focalizzarsi sul mercato automotive e sull’elettrificazione del brand, ma anche dall’inflazione globale che sta avvenendo in questi giorni. Ma la sensazione è che la scelta Suzuki parta dal 2021, prima dell’inizio della scorsa stagione.

La squadra era reduce dal suo primo titolo piloti conquistato in MotoGP con Joan Mir e il loro “condottiero”, Davide Brivio, decide di lasciare il team e il motomondiale per abbracciare il progetto Alpine F1. Da li, la casa giapponese non è più riuscita a dare una direzione solida per la sua moto e la stagione 2021 passata senza una guida si è sentita moltissima sul piano dei risultati. L’ingaggio di Livio Suppo alla fine si è rivelato solo come una “coperta troppo corta”, che arriva quando ormai è tardi. Tutti questi fattori hanno favorito la scelta di Suzuki di staccare la spina al team.

Mir, il capitano della nave che affonda

Se togliamo in considerazione la sua stagione da rookie nel 2019, questo è stato l’anno peggiore in termini di risultati per il campione del mondo 2020. 77 punti dopo 11 gare e un 8° posto in classifica piloti non è ciò che il maiorchino si aspettava, con i quattro DNF fin qui raccolti che sono la testimonianza di un “capitano” che appunto sta soffrendo molto lo stop della “ammiraglia” Suzuki.

Un brutto colpo per lui, in quanto stava facendo più fatica con gli ultimi aggiornamenti (soprattutto al motore) portati prima della decisione, e che lo vede ancora senza podi e, tecnicamente, senza sella per il 2023 (anche se è atteso alla Repsol Honda come secondo di Marquez). Non va nemmeno così male in termini di velocità, ma poi si vede in pista che gli manca la tranquillità e il feeling che gli hanno consentito di vincere il titolo piloti due anni fa.

Rins, uno sguardo rivolto al futuro

Per Alex è già definito il futuro con un contratto pluriennale con la Honda LCR. Il cambio moto è sempre una sfida molto ardua, specialmente se parliamo della moto che è entrata in crisi dopo gli infortuni di Marquez e che, nonostante una rivoluzione a livello meccanico e aerodinamico, non è ancora uscita dal tunnel. Le ultime gare di Rins serviranno a prepararlo (a livello mentale) per la nuova avventura, magari cercando quella continuità che non ne vuole sapere di arrivare.

Certo, l’inizio stagione è stato positivo con i due podi di Argentina e Texas e quattro piazzamenti consecutivi nella top 5, ma ciò è stato vanificato da cinque zero consecutivi tra il 19° posto di Jerez e i quattro ritiri di fila tra Le Mans e Barcellona (non ha corso in Germania). Finire la stagione con dei buoni risultati sarebbe il modo migliorare per salutare il team che lo ha lanciato nella classe regina e cominciare la sua nuova avventura nel team LCR.

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