Nella scorsa settimana a Parigi la Dakar ha presentato in maniera quasi completa l’edizione 2020 dello storico rally raid. Tante novità per la gara del prossimo anno, a partire dalla località. Dopo 10 anni in Sudamerica, la Dakar si trasferisce in Arabia Saudita, grazie ad un accordo di 5 anni tra la ASO e il paese arabo. Il percorso è presto mostrato: 12 tappe, 8000 chilometri di cui 5000 di Prove Speciali da disputare. Si partirà il 5 gennaio a Jeddah e si finirà a Qiddiyah per il 17 dello stesso mese, con una giornata di riposo fissata l’11 a Riyadh.
Oltre allo traslocamento geografico, però, la Dakar 2020 ha introdotto una serie di novità anche nel piano sportivo. David Castera, ex-navigatore di Despres e Peterhansel che ha preso il posto di Etrenne Lavigne come direttore della corsa, mette la sua firma nell’entrata delle Tappe Marathon e del road book a colori (consegnato al mattino della prova), già visti nel Rally del Marocco di sua proprietà. L’obiettivo è quello di ridare alla Dakar lo spirito dell’avventura e di eliminare i “googlemappisti” (passavano la notte a modificare il road book), con la necessità a piloti e navigatori di scoprire il percorso “in tempo reale”. E in un nuovo paese come l’Arabia Saudita, rimanere sul percorso giusto sarà ancora più difficile.
Stando alla Entry List, per il 2020 c’è un rialzo rispetto alle ultime edizioni. 351 iscritti, tra cui 170 moto e quad, 134 auto e 47 camion. Di questi 60 sono etichettati come Dakar Legend (+10 partenze), 85 come Rookie e 41 come Original (senza assistenza). Occhi puntati nella classe auto al duello tra Toyota e Mini, ma anche a Fernando Alonso, che debutterà al Rally Dakar con la casa nipponica pronto a sfidare Al-Attiyah, Sainz e Peterhansel. Nella moto invece la KTM, che vince dal 2001, se la dovrà vedere principalmente con lo squadrone Honda. Yamaha e Husqvarna si candidano a pericolose outsiders. Per gli italiani, saranno 27 i veicoli che rappresenteranno il nostro tricolore nel 42° Rally Dakar. Infine, nessun problema per gli amatori che si ritirano: dal 2020 possono usare un “Jolly” per continuare la gara in una classifica a parte chiamata “Dakar Experience”.
“L’Arabia Saudita è un paese che si sta aprendo all’occidente ed è pronto ad ospitare una Dakar che ospita piloti da 53 paesi diversi.”, il commento di David Castera. “Questo paese si sta adatta molto bene allo spirito del rally raid: paesaggi aperti e sconfinati, deserto a perdita d’occhio e un foglio bianco sulla quale tracciare un percorso tutto nuovo. Sarà una sfida nuova per tutti. Per la prima settimana la navigazione assumerà un ruolo fondamentale nelle tappe vicine al Mar Rosso, a Neom e Al Ula. Poi nella seconda parte ci sarà il deserto con le tappe decisive di Shubaytah e Haradh, mentre ci avviciniamo alla speciale conclusiva di Qiddiyah”.
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