Super Aguri. Può una realtà senza quattrini affacciarsi alla Formula Uno e ottenere una “entry” al campionato? Purtroppo sì. Aguri Suzuki, ex pilota di Formula Uno e uomo con gli agganci giusti in Giappone, grazie all’appoggio della Honda che voleva tenere Sato in Formula Uno senza farlo correre nella squadra centrale dà vita alla scuderia Super Aguri nel 2006. Il primo anno è assolutamente orrendo: il team del Sol Levante utilizza durante la stagione la vecchia Arrows 2002 aggiornata: una macchina discreta nel 2002, ma nel 2006 un pezzo da museo a quattro ruote. La vettura è lenta come la fame, e il fatto che sia guidata da piloti lenti e pericolosi quali Ide e Yamamoto peggiora ancor di più la situazione. Nel finale di campionato la situazione migliora, grazie a una nuova monoposto, ma è nel 2007 che risplende il sereno sulla Super Aguri. In barba al regolamento che impedisce ad una squadra di correre con una macchina costruita da altri, la Super Aguri schiera in pista le Honda del 2006 leggermente modificate. La vettura è buona, e Sato riesce ad ottenere 4 punti e a farsi notare in Canada superando la McLaren di Fernando Alonso. Ma una scuderia senza un retroterra economico non può vivere, e così quando Ross Brawn, neo arrivato in Honda taglia i fondi alla squadra di Aguri San (che ha problemi pure con lo sponsor principale che è insolvente), questa “muore” alla vigilia del Gp di Turchia 2008. Due anni e quattro mesi di vita, che mai avrebbero dovuto esserci, perché mancava la base economica. Nel suo piccolo, sportivamente parlando, ha dimostrato grande dignità.
Caterham. Magari la squadra che fu di proprietà di Tony Fernandes troverà la sua dimensione in futuro, ma dall’anno del debutto nel mondiale (2010, come Lotus) non è che si sia messa in evidenza, anzi. Passi per il primo anno, in cui la vettura è stata costruita in fretta e furia, ma dal 2011 col retrotreno Red Bull e i motore Renault si doveva vedere qualcosa di buono. La Caterham, invece ha girato costantemente 3 secondi più lenta dei primi e per di più ha cominciato ad affidarsi a piloti paganti (Petrov, Pic, Van der Garde, Ericsson). A Interlagos 2012 hanno fatto festa fino all’alba per un undicesimo posto che gli è valso il bonus FOM sui diritti televisivi, che rappresenta per loro il miglior piazzamento in F1 assieme a quello di Ericsson a Monaco. Ora sono perfino più lenti della Marussia. L’unica nota positiva è l’aver fatto correre un grande come Lotterer nel GP del Belgio 2014.
Virgin. Richard Branson, fondatore della Virgin Records e imprenditore di grandissimo successo, entra nel mondiale di Formula Uno nel 2009 come sponsor della Brawn Gp. Il successo d’immagine nell’essere lo sponsor del team più forte dell’anno spinge Branson a fare un ulteriore passo in avanti: il britannico, con l’appoggio della Manor, entra nel mondiale di Formula Uno 2010 con una squadra tutta sua. Non solo: il progettista è Nick Wirth, che per sviluppare le sue monoposto utilizza i calcoli del computer invece della galleria del vento. L’efficacia è la stessa dice Wirth, e infatti nei primi test spagnoli la Virgin perde alettoni anteriori in continuazione, manco fossero di burro. Branson promette a Fernandes, proprietario della Lotus/Caterham e della compagnia di volo Air Asia di vestirsi da hostess se la Virgin arriva dietro alla Lotus in campionato. La Virgin arriva dietro alla Lotus e anche alla HRT (Branson manterrà fede alla promessa nell’Aprile 2013, ndr) e le cose proseguono di questo passo anche nel 2011. Allontanato Wirth e passata la proprietà nelle mani della Marussia, nel 2012 la vettura, nonostante una partnership tecnica con la McLaren non mostra grandi segni di miglioramento, ma almeno arriva davanti alla HRT e più vicina alla Caterham. A partire dal 2013, grazie a Jules Bianchi prima e al motore Ferrari al posto dello ‘spompatissimo’ Cosworth poi, la Marussia si dimostra più efficace della Caterham, e nel GP di Monaco 2014 arrivano i primi due punti della sua storia. La Virgin/Marussia da quel momento vive un calvario: uno spaventoso incidente nel GP del Giappone costringe Bianchi al coma, e il pilota francese muore nell’estate del 2015 per le conseguenze fisiche del crash contro il trattore posto nella via di fuga di Suzuka. La squadra, in difficoltà finanziaria, non prende parte alle ultime tre gare del 2014 e partecipa al campionato 2015 con la vettura dell’anno precedente, collezionando doppiaggi a ripetizione con i vari Stevens, Merhi e Rossi. Nel 2016 il team cambia nome, diventando Manor Racing, e arrivano i motori Mercedes e il campione DTM Wehrlein. Dopo sei anni di autentica sofferenza, il team riesce a lottare alla pari con scuderie come Sauber e Renault. Wehrlein coglie un punto in Austria, e accede cinque volte al Q2, tuttavia i due punti conquistati da Nasr e dalla Sauber in Brasile relegano la Manor in ultima posizione nella classifica costruttori, e la rigettano nuovamente in crisi economica, con lo spettro del fallimento dietro l’angolo.
Simtek. Un’altra creatura di Nick Wirth di cui avremmo fatto volentieri a meno. La monoposto corre nel mondiale del ’94 e nelle prime gare del ’95, prima di gettare la spugna per mancanza di fondi dopo il GP di Montecarlo. La Simtek del ’94 balza agli onori della cronaca per la tragedia di Roland Ratzenberger, morto a Imola a causa di un incidente dovuto al cedimento del muso della sua Simtek. Da segnalare anche un botto di Andrea Montermini nelle prove del GP di Barcellona. Nel ’95 la Simtek, guidata da Verstappen, qualcosa di buono lo combina, ma l’affidabilità cronica è un macigno che impedisce ai piloti di raccogliere risultati, e così dopo Monaco addio… senza lacrime.
Forti Corse. Il budget che accompagna Pedro Paolo Diniz permette alla scuderia alessandrina di esordire in Formula Uno nel ’95. A fianco del brasiliano corre Roberto Moreno, ma a non correre è la vettura, che più che una macchina di formula uno sembra un trattore. L’unico punto di forza è l’affidabilità, che quasi permette a Diniz di conquistare un punticino mondiale ad Adelaide. Nel ’96 Diniz passa alla Ligier e il team vivacchia in cerca di finanziatori. Dopo aver corso le prime gare col vecchio modello, a San Marino arriva la nuova macchina è la situazione migliora un po’. A Monaco, complice una serie di eventi incredibile Badoer può andare a punti. Il team, prima della gara, gli raccomanda prudenza: sul bagnato può succedere di tutto e per una squadra come la Forti un punto è ossigeno. Badoer, però, spinge a muro Villeneuve che cercava di doppiarlo al Mirabeau. Contatto e sospensione posteriore destra rotta.
Il punto che poteva valere una stagione e i soldi della FOM non arriva, e dopo poche gare la squadra chiude a causa della mancanza di liquidi.
HRT. Ma era davvero una Formula Uno la HRT o Hispania, fu Campos Meta? Sempre lentissima nei tre anni in cui ha corso, mai un miglioramento tangibile e nel 2012 pure pericolosa a causa dei continui guasti ai freni e della penuria di pezzi di ricambio nel finale di campionato. Ma ci ha fatto rivedere Yamamoto nel mondiale… e ha fatto esordire Chandhok… e ha rispolverato Karthikeyan… L’unica cosa per cui sarà ricordata è che è stato il primo team di Daniel Ricciardo.
Pacific Racing. La scuderia britannica disputa i mondiali di Formula Uno ’94 e ’95. O meglio: nel ’94 tenta di disputarlo, ma la monoposto bianco-azzurra non centra quasi mai la qualificazione al gran premio, e balza alla luce dei riflettori solamente quando Gachot finisce contro una chicane di gomme in Spagna.
Nel ’95 partecipa a tutte le gare, per la sfortuna degli appassionati che devono sorbirsi le performance di piloti quali Giovanni Lavaggi, ribattezzato Johnny Carwash dalla stampa britannica, e Jean Denis Dèlètraz. Chiude nel ’95 a causa della perdita di sponsor.
Lola. Il progetto doveva vedere il debutto della monoposto britannica nel ’98, ma la Mastercard spinge per il ’97 e la Lola accetta. Grazie alla decisione di chi di Formula Uno non ne capisce un tubo i fan del Circus assistono increduli alle prove libere del GP d’Australia. La Lola gira a 11 secondi dalla Williams di Jacques Villeneuve, addirittura nelle prove al banco è più lenta della Lola di Formula 3000 e stando alle parole di Vincenzo Sospiri, per farla andare dritta serviva tenere il volante sterzato, e anche di un bel po’. Tirando le somme, la Mastercard capisce di aver commesso un errore colossale e toglie l’appoggio al team, che chiude dopo una sola gara. Una sola corsa: tanto è bastato per entrare in eterno nella galleria degli orrori.
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Avete dimenticato la Lola Ferrari del 93
E la Andrea Moda non la mettete? Il primo team nella storia ad usare gli adesivi degli sponsor perché non aveva nemmeno uno sponsor realmente 😀
la life!!!