Ci sono momenti che fotografano una vita. Ci sono imprese che entrano di diritto nella storia. Ci sono vittorie che consacrano i piloti nella leggenda. Ma nell’automobilismo basta anche solo una manovra spettacolare per riconoscere a un pilota gloria eterna, e Mika Hakkinen ne sa qualcosa.
Il pilota finlandese è stato uno dei talenti più cristallini apparso sulla scena della Formula 1 dagli anni ’90 a oggi, e i titoli mondiali conquistati con la McLaren nel 1998 e 1999 sono stati il giusto riconoscimento per un pilota velocissimo, arrivato alla soglia del successo con più ritardo del previsto e per colpe non certamente riconducibili a lui. Il nome di Hakkinen resterà per sempre nella storia della Formula 1, ma sarà legato ancor più indissolubilmente a Spa Francorchamps.
Sulle Ardenne, in occasione del GP del Belgio 2000, il pilota della McLaren ha infatti compiuto uno dei sorpassi più belli della storia della F1. Dopo una lotta durissima con lo storico rivale Michael Schumacher, al giro 41 Hakkinen prende la scia del ferrarista, a sua volta negli scarichi della BAR-Honda del doppiato Zonta. Schumacher si porta all’esterno di Zonta sul rettilineo del Kemmel per sfilare il brasiliano. Hakkinen sa che quella è la sua grande occasione per provare a “fregare” il suo nemico. Flying Finn non aspetta il giro successivo per tentare l’attacco su Schumacher, ma si butta all’interno di Zonta nel momento stesso in cui il pilota della Ferrari va all’esterno. Nel momento di frenare, Hakkinen è appaiato a Schumacher, ma ha il vantaggio della traiettoria interna, e con una frenata decisa supera il pilota tedesco, involandosi verso la vittoria più folle e bella della sua carriera.
“Il GP del Belgio 2000 è il ricordo più bello che ho di Spa – ha dichiarato Hakkinen due anni fa – Sono arrivato lì in testa al mondiale, dopo una rincorsa lunga ed estenuante, ed ero molto ottimista. Avevo una McLaren velocissima, sebbene non sempre affidabile. E il mio grande rivale era Schumacher, che aveva solo due punti in meno rispetto a me. Ero in testa a quella gara, però ho commesso un errore sull’umido e lui ne ha approfittato per passarmi e portarsi in testa. Nella seconda parte di gara ho spinto come un matto, e sono riuscito a tornargli sotto”.
Hakkinen ha poi raccontanto nel dettaglio i due giri che hanno deciso la corsa: “Al quarantesimo giro ero nella sua scia. Tutti e due abbiamo sbandato leggermente all’Eau Rouge, e ci siamo lanciati sul rettilineo. All’epoca si faceva quasi in pieno l’Eau Rouge: è una curva maestosa, che ti mette veramente alla prova. Io ho fatto la curva meglio di Schumacher: sono uscito più veloce, e ho pensato di attaccarlo al Kemmel. Ho preso la sua scia e ho messo il muso di fianco alla sua macchina: lui mi ha visto e mi ha chiuso la porta in faccia a 300 km/h. La sua gomma posteriore destra ha toccato leggermente il mio muso, e ho dovuto alzare il piede. Dopo la gara ha ricevuto molte critiche, e all’epoca anch’io ero arrabbiato per quella manovra: ora non ho più niente da ridire su quella chiusura. Io lo rispettavo, e lui rispettava me. Abbiamo lottato duramente, e per la maggior parte delle volte con grande correttezza. Era un combattente incredibile, come tutti i campioni. Non si vincono sette titoli se si è teneri e lui tenero non lo è mai stato: è stato un pilota superbo, uno dei più grandi del nostro sport”.
“Dicevo, dopo quella toccata il mio alettone anteriore era leggermente danneggiato, ma la mia macchina era ancora ben bilanciata: la tenevo senza problemi. Sapevo che l’entrata della Les Combes era il punto dove dovevo provare il sorpasso. Ma sapevo di dover fare un attacco veramente deciso, perché Schumacher non mi avrebbe ceduto la posizione facilmente. L’aveva fatto capire alquanto chiaramente. Così all’inizio del giro 41 ho preso un bel rischio. Un rischio enorme, ma calcolato. Ho deciso di prendere l’Eau Rouge in pieno, cosa che all’epoca i codardi non potevano fare. Era un qualcosa di difficile da fare, che comportava grossi rischi, anche perché all’esterno della traiettoria c’era un bump. Dovevo essere preciso al millimetro. Non la cosa più semplice da fare, considerando che era la curva più dura. Dovevo spingere al massimo, prendendo bene l’entrata, e tenendo giù anche in uscita dalla curva cieca”.
“Ero vicinissimo a Schumacher. Ogni fibra del mio copro mi implorava di alzare il piede, ma mi sono detto di contare fino a tre e di andare all’Eau Rouge in pieno. Sapevo che, se avessi fatto la curva a tutta, o ne sarei uscito indenne, o sarei finito contro le barriere. Ne ero sicuro al 100%. ‘Uno’, e la macchina ha iniziato a tremare per la forza G. Sapevo di dover lottare se c’era da evitare di andare a sbattere, ma dovevo anche combattere la mia paura. ‘Due’, ho deglutito, ho puntato la macchina in curva. Sinistra, destra. Per un attimo ho pensato di non farcela a controllarla. La macchina era al limite, ma ha preso grip ed è rimasta dentro. ‘Tre’. La macchina era leggerissima: sensazione strana ad alta velocità, ma è rimasta in strada. Ce l’avevo fatta: avevo percorso l’Eau Rouge in pieno, e non in qualifica. E con una linea strettissima a disposizione”.
“Schumacher chiaramente non aveva fatto l’Eau Rouge in pieno, perché mi avvicinavo a lui con grande velocità. Quando ci siamo avvicinati a Les Combes, ho visto che c’era Zonta da doppiare. Mi sono detto che, qualunque traiettoria provasse a fare Schumacher, io avrei fatto quella opposta. Lui è andato a sinistra: io mi sono fiondato subito a destra. Ho frenato più duro che potevo. Ero fuori traiettoria, su un asfalto più dissestato che nella linea ideale, ed ero a 300 km/h. Appena ho approcciato la curva ho capito che ce l’avevo fatto. L’avevo superato e mi ero ripreso la prima posizione. Nelle curve successive Schumacher ha provato di tutto per indurmi all’errore, spostandosi a destra e sinistra per fare delle azioni di disturbo. Come ho già detto, era un lottatore monumentale. Ho tenuto i nervi saldi e mi sono detto di restare calmo, restare calmo, restare calmo. Al giro 44 ho tagliato il traguardo con un secondo e un decimo di vantaggio su di lui. Bandiera a scacchi. Ce l’avevo fatta. Una vittoria stupenda. Un giorno fantastico”.
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