Al termine del GP del Giappone 1989, Senna viene squalificato. La direzione corsa decide di sanzionarlo duramente per aver saltato la chicane dopo l’incidente con Prost. Grazie a questa decisione, Alain Prost si aggiudica il terzo titolo mondiale in carriera.
Senna e la McLaren non accettano il verdetto e fanno appello contro la decisione dei commissari. Un caso che crea abbastanza scalpore, anche perché Prost è ancora sotto contratto col team di Woking, e questo gesto della McLaren viene visto come irrispettoso nei confronti di Prost, che comunque di lì a poco sarebbe passato alla Ferrari. Ma a creare ancora più polemiche sono le parole di Ayrton Senna. Il pilota brasiliano è a dir poco infuriato per essere stato estromesso dalla classifica del GP del Giappone e ipotizza che dietro alla squalifica ci sia il Presidente della FISA Jean-Marie Balestre, connazionale di Prost e amico del pilota francese. Balestre respinge in maniera secca le accuse.
Al processo d’appello, i giudici non accolgono il ricorso della McLaren, anzi, inaspriscono la pena a Senna, che si vede rifilata una multa di 100.000 dollari. Ma ciò che fa arrabbiare ancora di più Senna sono le parole della FISA, che definiscono il brasiliano come “un pilota pericoloso per la sicurezza degli altri piloti”. Senna viene anche sospeso per 6 mesi. Ayrton si sente preso di mira dalla Federazione e dalla stampa, e si scatena contro la “campagna criminale” contro di lui. Non solo: dichiara che la Federazione, togliendogli la vittoria di Suzuka, ha truccato il campionato. La FISA continua il braccio di ferro e decide di sospendere per sei mesi la superlicenza di Senna, mettendo così a rischio la partecipazione del pilota della McLaren alle prime gare del 1990. Tuttavia la Federazione impone la condizionale sulla squalifica, quindi Senna può tranquillamente essere al via del campionato di F1 1990.
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