La direzione presa dalla Formula 1 in questi ultimi anni è molto chiara: ridurre i costi dei team e livellare la distribuzione dei premi affinché si riduca il gap tra top team e team di fondo classifica.
Idea encomiabile, per carità, ma quanto ne risente lo spettacolo?
L’ultima gara in cui la lotta per la vittoria è stata tirata dal primo all’ultimo giro, con i piloti che hanno davvero cercato di tirare fuori il massimo dalle loro monoposto, probabilmente è stata Monza 2019. Lì abbiamo visto (forse) andare le power unit davvero al massimo della loro potenza, con Leclerc che ha fatto possibile ed impossibile per resistere alle Mercedes.
Ma per capire in modo più significativo quanto questa ‘ghigliottina’ di investimenti stia pesando sulle performance, basta guardare ad un più recente avvenimento, più precisamente la seconda metà di gara del Gran Premio di Russia 2020.
Al ventisettesimo giro, il muretto della Renault comunica a Daniel Ricciardo una penalità inflittagli dalla direzione di gara per un contatto.
La risposta, come sempre molto pacata, del pilota australiano, ha strappato un sorriso a tutti: “Ok, guiderò più veloce”. E così ha fatto, passando da tempi compresi tra 1’41”8 e 1’40”8 a tempi compresi tra 1’40” e 1’39”. Il tutto considerando un lieve danno aerodinamico alla sua Renault.
Inoltre c’è da considerare un altro fattore: dalla gara precedente a quella di Sochi, e cioè quella di Spa, i piloti hanno dovuto utilizzare una sola mappatura per qualifiche e gara.
Ragionando in modo molto semplice, questi due secondi sono tutti ‘nel piede’ di Daniel Ricciardo, se anche si considera che il pilota australiano non ha cambiato pneumatici e non ha effettuato regolazioni sostanziali tra la comunicazione e l’abbassamento del tempo sul giro.
Ma perchè siamo arrivati a questo?
Come ci disse qualche tempo fa Mario Isola nella nostra intervista esclusiva: “Si ha meno carburante e poche power unit, quindi i piloti non possono più sfruttarle come si faceva prima per evitare di incorrere in penalità dovute all’utilizzo di power unit in sovrannumero. Ci sono molti fattori che sono cambiati. I team devono studiare la strategia più veloce, che consente di terminare la gara nel minor tempo”. In più, il gap tra le mescole si è via via ridotto, e anche la durata è diventata simile.
Questo vuol dire che anche spingendo al massimo con una gomma morbida, facendo una strategia a due o tre soste, non si recupererebbe il tempo perso durante i pit stop rispetto a chi sceglie una strategia a una sola sosta con mescola più dura.
Le varie simulazioni che considerano peso del carburante, usura dei pneumatici, abbassamento di potenza legato all’usura progressiva della power unit, usura dei vari componenti e variazione del peso della monoposto, forniscono come output finale una strategia, un passo gara, e la mescole giuste da utilizzare per ogni frazione di gara con relative regolazioni della monoposto.
Questo fa capire quanto siano importanti le sessioni di prove libere, i test con le varie mescole e la comparazione dei vari microsettori, senza avere mai la necessità di spingere in modo consistente e duraturo per avere la performance massima.
Tuttavia, una diminuzione del tempo di prove libere a disposizione dei piloti non influirà negativamente sulla costruzione del weekend, ma darà più respiro alle power unit e permetterà di avere almeno due treni di pneumatici nuovi in più ad ogni gara. Questo potrebbe tradursi (finalmente) in una diversificazione delle strategie, pur considerando che tutti inseguono lo stesso obiettivo: terminare la gara nel minor tempo.
Sicuramente, questa riduzione dei costi sta incidendo sullo spettacolo e sulle performance che i piloti mettono in mostra ad ogni weekend, ma è anche il sistema che ha dato un pò di stabilità alla griglia, garantendo sempre 20 auto in pista e un roster di piloti che non subisce stravolgimenti ormai da parecchi anni, con entrate ed uscite programmate in base ai risultati dei vivai. È certamente una medaglia a due facce, ma non si può negare che siano molto ben bilanciate.
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